Gaza: la posta in gioco

«La priorità di Hamas, che in questo mese ha più volte respinto le offerte di cessate il fuoco, è di ottenere da Israele e dallo stesso Egitto la rimozione del blocco attorno a Gaza, imposto dai vicini proprio a seguito del suo controllo sulla Striscia. Un embargo che limita la libertà di movimento in entrata e in uscita dalla Striscia e ha generato la stagnazione economica che ha determinato un tasso di disoccupazione oltre il 50%. Hamas aveva anche avvertito che, senza un accordo per allentare quel blocco, le sue operazioni belliche sarebbero riprese alla scadenza dei tre giorni di tregua. Il Times Of Israel riporta una dichiarazione di Sami Abu Zuhri, portavoce di Hamas a Gaza:
“Vogliamo dare una possibilità ai negoziati e non siamo interessati a una escalation. Se l’occupazione insiste nel continuare il conflitto, siamo pronti a questo. Ma non possiamo tornare al punto di partenza e accettare il blocco di Gaza e dei suoi residenti”. Decisamente meno morbido il comunicato diffuso da un altro portavoce del movimento a Gaza, Fawzi Barhoum: “Non ci sarà alcun passo indietro. La resistenza proseguirà con tutte le forze. L’intransigenza dell’occupante (Israele) non gli porterà niente e non faremo alcuna concessione sulle esigenze del nostro popolo”. Israele da parte sua giustifica il blocco imposto a Gaza con la necessità di fermare il traffico di armi verso la Striscia. Se Hamas vuole un accordo, ribatte Tel Aviv, Hamas deve prima disarmare. Condizione che Hamas respinge con fermezza.»

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