Fuori dalle scatole

           immagine tratta da Il Manifesto

La disoccupazione giovanile sfonda il muro del 40%. Lo certifica l’Istat confermando il doloroso declino di un paese. Il governo galleggia sui conti, pensa alle elezioni e dimentica il futuro delle ultime generazioni. Quelle che il ministro del lavoro Poletti vorrebbe «fuori dai piedi»

Renzi fa il 40% di disoccupazione giovanile

Istat. Effetto Jobs Act. Record di senza lavoro tra i giovani fino ai 24 anni. Boom del lavoro a termine e tra gli over 50. Il tasso di disoccupazione generale a dicembreè tornato al 12%. Più del 75% dei nuovi contratti è a tempo determinato, segno che quando si creano nuovi posti di lavoro questi sono fragili ed incerti

L’unico 40 per cento raggiunto dalle politiche di Matteo Renzi è quello della disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni.

A dicembre il tasso è nuovamente balzato al 40,1%, in aumento di 0,2 punti percentuali sul mese precedente. È il livello più alto raggiunto da giugno 2015. Quello ufficiale è tornato al 12%, in rialzo di 0,4 punti su dicembre 2015, il più alto da giugno 2015, quando era al 12,2%.

I DATI FORNITI IERI DALL’ISTAT confermano il bilancio della «Renzinomics» a quasi due mesi dalle dimissioni del rottamatore da Palazzo Chigi. La più grande distribuzione di ricchezza pubblica verso le imprese che la storia italiana ricordi – circa 20 miliardi di euro spesi in tre anni per la decontribuzione dei nuovi assunti – hanno prodotto i seguenti risultati: un boom del lavoro a termine sull’anno (+155 mila con una crescita del 6,6%) e dell’occupazione dei lavoratori over 50 (+410 mila). Nello stesso periodo l’occupazione è crollata di 149 mila unità nella fascia teoricamente più «produttiva» tra i 35 e i 49 anni e di 20 mila unità tra i 25 e i 34 anni.

L’AUMENTO DEGLI OCCUPATI pari a 242 mila unità sull’anno va dunque contestualizzato: solo 111 mila sono «permanenti», la maggioranza è precaria e rispecchia la spaccatura tra under 24 e over 50 che caratterizza il mercato del lavoro italiano. Questi dati vanno ribaditi dal momento che dal governo per bocca del ministro del lavoro Poletti (ieri a Parigi dalla collega Miriam El Khomri, autrice della legge più odiata di Francia, la Loi Travail) si continua a fare finta di nulla. A parere di Poletti, da quando esiste il renzismo ci sono «602 mila occupati in più a partire dal febbraio 2014, 440 mila dei quali sono lavoratori stabili».

L’ISTAT CONFERMA anche la forte diminuzione degli inattivi: 478 mila in meno. Questo dato è di solito considerato positivo: significa che chi non cercava lavoro nel 2016 è entrato nelle file dei disoccupati. Questo non significa che ne ha trovato uno, e infatti il tasso di disoccupazione è aumentato. Significa che l’impoverimento medio delle famiglie italiane è aumentato e ha spinto coloro che prima non cercavano lavoro, pur avendone bisogno, a cercarlo. Non è escluso che nei prossimi mesi il tasso dell’inattività tornerà a crescere, dato che sul mercato non si trova occupazione fissa e quella che esiste è sempre più precaria, in nero e voucherizzata.

È IL SEGNO DELLA STAGNAZIONE in cui si trova il mercato del lavoro dopo due anni di trattamento renziano. Il dato che conferma una simile situazione è quello del tasso di occupazione: 57,3%,invariato rispetto a novembre e in aumento di 0,7 punti su dicembre 2015. Sono aumentati i lavoratori dipendenti (+52 mila), e in particolare quelli precari, mentre prosegue il crollo delle partite Iva: meno 52 mila. Uno dei peggiori risultati a livello dell’Eurozona. È l’effetto Jobs Act che può essere considerato uno strumento per la ri-subordinazione del lavoro all’interno del perimetro sempre più ristretto e precario del poco lavoro disponibile nel nostro paese.

«L’EFFETTO STAGNAZIONE dell’economia non produce quella fiducia che spingerebbe le imprese a rischiare un’assunzione stabile – sostiene Guglielmo Loy, segretario confederale Uil – Gli incentivi ancorché ridotti non bastano. Molte imprese si affidano a lavoratori già formati, come dimostra la crescita costante degli over 50». «Più del 75% dei nuovi contratti è a tempo determinato, segno che anche quando si creano nuovi posti di lavoro questi sono fragili ed incerti» sostiene Tania Sacchetti, segretario confederale Cgil che denuncia la riduzione degli ammortizzatori sociali che seguirà la riforma Renzi: «I prossimi mesi porterà ad un incremento dei licenziamenti nelle realtà produttive più deboli». Per Corso Italia l’emergenza si affronta con investimenti e formazione per produrre «lavoro di qualità».

I DATI SULLA DISOCCUPAZIONE hanno acceso anche la polemica politica. «L’unico 40% del Pd è la disoccupazione giovanile – ha commentato il sito di Beppe Grillo – Gli occupati stabili diminuiscono con l’afflosciarsi del doping degli incentivi hanno un lavoro solo tra gli over 50, imprigionati da una folle riforma Fornero». «è il fallimento delle politiche di Renzi – sostiene Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana – La disoccupazione è un’emergenza sociale e democratica».

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fonte: Ilmanifesto.info

https://ilmanifesto.it/renzi-fa-il-40-di-disoccupazione-giovanile/