Funerale di Stato

Riformare la riforma. Il senato la approva

Senato. Il padre della nuova costituzione Napolitano mette la sua firma in aula. E renzianamente aggiunge: perfetta non poteva essere, adesso facciamo attenzione agli equilibri con l’Italicum. Le opposizioni non partecipano al voto. Il governo supera facilmente la soglia dei 161 voti, ma per la maggioranza assoluta sono necessari i transfughi

Giorgio Napolitano interviene in senato – immagine dal sito de il Manifesto

Cen­to­set­tan­totto voti, anzi 179 per­ché la cam­pio­nessa Josefa Idem, appena rien­trata dalla malat­tia, ha sba­gliato a votare «e mi scuso per i giorni in cui sono man­cata». È una mag­gio­ranza asso­luta larga, 18 voti sopra la soglia che sarà obbli­ga­to­rio rag­giun­gere nella seconda e defi­ni­tiva let­tura della riforma costi­tu­zio­nale che il senato potrà fare a par­tire dal pros­simo 14 gen­naio. Se, com’è pro­ba­bile, la camera non toc­cherà una vir­gola dei sei arti­coli del dise­gno di legge che dovrà rie­sa­mi­nare entro la fine dell’anno, ses­sione di bilan­cio permettendo.

Il governo è in trionfo, ma i numeri dimo­strano che i voti dei tran­sfu­ghi del cen­tro­de­stra sono indi­spen­sa­bili. A par­tire dal gruppo Ver­dini, con i suoi 13 sena­tori ieri tutti pre­senti, pas­sando per la cop­pia ex for­zi­sta Repetti-Bondi, i tre su dieci del resi­duo Gruppo Gal fino ai due sena­tori che non mol­lano Forza Ita­lia ma nean­che Renzi. In tutto venti voti deci­sivi per sca­val­lare la soglia di sicurezza.

Nel Pd la minoranza dei trenta che furono è stata completamente riassorbita.

E gra­ziata da Cal­de­roli, che non ha letto in aula gli sms degli ex bar­ri­ca­deri — il leghi­sta ha rin­no­vato la minac­cia: «Li met­terò in un libro, ne ho rice­vuti anche dal governo». Alla fine nel par­tito del pre­si­dente del Con­si­glio solo in quat­tro non hanno votato la riforma: Tocci e Mineo con­trari, Cas­son aste­nuto e la sena­trice Amati assente. Ma soprat­tutto è arri­vato l’annunciato voto di Gior­gio Napo­li­tano, che ha spie­gato di non essere inter­ve­nuto nei giorni del dibat­tito «per­ché mi è sem­brato più appro­priato». Ma quando si con­tano i voti, eccolo. L’ex pre­si­dente della Repub­blica è l’unico sena­tore a vita a votare, l’altra pre­sente, la sena­trice Cat­ta­neo da lui nomi­nata, è con­tra­ria alla riforma e si astiene.

Quando entra nell’emiciclo, bastone a destra e borsa da lavoro a sini­stra, il sena­tore Napo­li­tano schiva l’imbarazzante Barani, appena riam­meso in aula dopo la sospen­sione per gestacci, e si dirige verso l’amico Ser­gio Zavoli. Sta par­lando la pre­si­dente del gruppo misto, la sena­trice di Sel Lore­dana De Petris che in quel pre­ciso momento legge le prime righe dell’articolo dei costi­tu­zio­na­li­stipub­bli­cato ieri dal mani­fe­sto. Napo­li­tano gira alla larga e cerca un posto nella prima fila, rapido glielo cede Casini. La mini­stra Boschi l’ha rico­no­sciuto padre della nuova Costi­tu­zione ma aven­dolo lì governo e Pd si mostrano timidi, prima del voto non cor­rono a far­gli la ruota.

Lasciano così spa­zio a Ver­dini, il quale sa come si con­qui­sta l’attenzione. L’ex brac­cio destro di Ber­lu­sconi piomba dai ban­chi in alto a destra dove ha trin­ce­rato i suoi e si inventa un omag­gio all’ex pre­si­dente, un saluto fatto di poche parole e molte foto­gra­fie. Nel frat­tempo tocca inter­ve­nire pro­prio ai ver­di­niani e prende la parola un sena­tore qual­siasi. Gli ex squa­li­fi­cati Barani e D’Anna non solo non par­lano ma ven­gono fatti sedere in modo da non entrare nella diretta tv.

Quando tocca a Napo­li­tano, che inter­viene a nome del gruppo delle auto­no­mie al quale si è iscritto appena sceso dal Colle, spunta il sena­tore Sci­li­poti, disdi­ce­vole rap­pre­sen­tante del tra­sfor­mi­smo quando il tra­sfor­mi­smo era disdi­ce­vole. Ormai è l’ultimo dei ber­lu­sco­niani e piazza sul banco di Napo­li­tano, a coprir­gli il testo dell’intervento, un foglio dove si legge «2011». Rife­ri­mento alla sto­ria del «golpe» del Colle, Monti a palazzo Chigi al posto di Ber­lu­sconi. I com­messi lo brac­cano, Sci­li­poti con­se­gna il foglio, poi ne tira fuori un altro dalla tasca. E via così tre volte, fino a che si placa e Napo­li­tano attacca. L’aula si fa silen­ziosa e anche piut­to­sto vuota, per­ché già i leghi­sti sono andati via sven­to­lando costi­tu­zioni e olio di ricino, poi quelli del Movi­mento 5 sfi­lano in muta pro­te­sta per non sen­tire l’ex pre­si­dente. E nel silen­zio comin­cia a squil­lare un tele­fono sugli abban­do­nati ban­chi leghi­sti, per cui i primi cin­que minuti di Napo­li­tano somi­gliano a quelli di C’era una volta in Ame­rica. Fino a che il tele­fono tace e si può sen­tire Napo­li­tano par­lare di sé stesso, di quello che ha fatto al Qui­ri­nale, di quello che aveva detto nel primo giu­ra­mento, della com­mis­sione di saggi che aveva bene­detto. Imme­dia­ta­mente dopo parla Qua­glia­riello che è giu­sto uno di quei saggi e comin­cia — ce ne fosse biso­gno — con una cita­zione di Napolitano.

Ma è pro­prio Napo­li­tano che, ina­spet­ta­ta­mente, avverte: «Biso­gnerà dare atten­zione a tutte le pre­oc­cu­pa­zioni espresse in que­ste set­ti­mane in mate­ria di legi­sla­zione elet­to­rale e di equi­li­bri costi­tu­zio­nali». Stiamo facendo una prova? È un invito a tor­nare indie­tro sulla legge elet­to­rale che pro­prio lui ha bat­tez­zato? Un inci­ta­mento a tor­nare al pre­mio per le coa­li­zione? Fio­ri­scono ipo­tesi, ma non è il caso di imma­gi­nare chissà quale piano. L’ex capo dello stato argo­menta ormai da ren­ziano. Que­sta riforma può non essere per­fetta, rico­no­sce il suo «padre» nel momento cui mette il sigillo, ma quello che ci ha fer­mato fino a qui «è stata la defa­ti­gante ricerca del per­fetto o del meno imper­fetto». Renzi avrebbe detto: «Si può essere o meno d’accordo su ciò che siamo facendo, ma lo stiamo facendo», e infatti l’ha detto.

A pro­po­sito di fare, appena com­ple­tato il pas­sag­gio trion­fale della riforma, il governo ha dovuto ammet­tere che alcune norme tran­si­to­rie pro­prio non stanno in piedi. Invece di rin­viare alla camera le cor­re­zioni, Grasso ha con­cesso di modi­fi­care il testo come «coor­di­na­mento». Rapida alzata di mano e via. Tutti ad abbrac­ciare Napolitano.

fonte: il Manifesto

http://ilmanifesto.info/riformare-la-riforma-il-senato-la-approva/