No, l’Umbria non era da difendere, ma da riconquistare.
Negli ultimi mesi tutte le più importanti città umbre avevano dato segnali di rottura e avevano tributato consenso ai candidati della destra.
La fine dell’esperienza del governo regionale, con gli strascichi che conosciamo, è solo un ulteriore elemento di analisi che avrebbe dovuto suonare da allarme per tutti.
In fondo, è andata come ci aspettavamo. Sopratutto per chi come noi da anni sottolinea che i problemi non si superano con politiche di alleanze, ma con la chiarezza di un progetto di società.
Quello che ancora non c’è.
Non basta unirsi, anche se è necessario, contro il pericolo leghista. È urgente comprendere fino in fondo la trasformazione che è avvenuta nella società, negli strati più profondi, nelle classi popolari.
Lo dicono da tempo che vogliono risposte, protezione, mandano segnali in tutti i modi. E se le principali città industrializzate e operaie dell’Umbria votano altro rispetto alle forze progressiste, bisogna urgentemente porsi il problema di cambiare radicalmente tutto. O semplicemente di guardare in profondità ai guasti che una politica sorda ha provocato.
Alziamoci in piedi, contro le disuguaglianze, contro la povertà, contro la mancanza di prospettiva e di futuro.