«Dobbiamo smetterla di bruciare idrocarburi», intervista di Scomodo a Nicola Fratoianni
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Dalla questione PiTESAI alla Global Med, Nicola Fratoianni, segretario nazionale di Sinistra Italiana, affronta i temi relativi alle trivelle e agli idrocarburi
In Italia le leggi sulle trivelle risultano spesso insufficienti per regolare i vari permessi di ricerca ed estrazione di idrocarburi, e di conseguenza per tutelare l’ambiente e la fauna. Uno spiraglio di luce sembrava essersi aperto con la proposta del PiTESAI, il Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee, la cui approvazione continua però ad essere prorogata. Scomodo ha presentato formale richiesta di accesso agli atti al Ministero dello Sviluppo Economico per poter leggere almeno una bozza del PiTESAI, non ricevendo alcuna risposta, neppure di rifiuto. A tal proposito, abbiamo intervistato il deputato e portavoce di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni, che nel 2014 aveva presentato un’interrogazione parlamentare per fermare i permessi di ricerca alla società americana Global Med in alcune aree del Mar Jonio il cui sfruttamento – anche per la presenza di ordigni bellici nel fondale – risulta pericoloso per l’ecosistema marino.
Nel testo originale della legge che introduceva la moratoria sulle trivellazioni sono state fissate due scadenze diverse per la pubblicazione del PiTESAI e per la fine della moratoria: qual era l’intenzione?
Il PiTESAI avrebbe dovuto decidere dove si potevano ricercare ed, eventualmente, estrarre idrocarburi e dove no. Ma oggi, l’unica cosa sensata è decidere in fretta un orizzonte in cui si cessi ogni estrazione di idrocarburi: l’emergenza climatica è concreta e ne subiamo già le conseguenze. Dobbiamo investire in un diverso modello energetico, basato su fonti rinnovabili e su una distribuzione adeguata, con sistemi di accumulo che facilitino una transizione sempre più urgente. Investire in nuove attività di ricerca ed estrattive è ipocrita e, soprattutto, pericoloso.
Che senso ha estendere la moratoria fino a sei mesi dopo la data di scadenza per la redazione del PiTESAI dato che, in caso di mancata pubblicazione di quest’ultimo, di fatto non cambierebbe niente in termini di concessione di permessi di ricerca, prospezione e coltivazione?
Non ha alcun senso, infatti: la scadenza del 30 settembre (fissata sia per l’elaborazione del piano, sia per la vigenza della legge) non servirà a molto, giacché la procedura per arrivare ad ottenere il PiTESAI è piuttosto farraginosa e lunga; se non si otterrà l’intesa da parte della Conferenza unificata, il piano dovrebbe comunque trovare applicazione almeno per il mare. In che modo non è dato saperlo: deciderà sul punto il ministro dello sviluppo economico di concerto con quello dell’ambiente (ora occorrerà vedere chi: solo il ministro per la transizione ecologica?).
Il vero problema – cui il piano non pone rimedio – è quello della durata dei titoli, e cioè quello delle proroghe – di fatto – illimitate (la sospensione attualmente vigente non trova applicazione alle proroghe automatiche). E anche questo potrebbe porsi in violazione del diritto dell’Unione europea (si pensi, mutatis mutandis, alle concessioni balneari). Insomma, i veri problemi che il settore pone – e che la politica non sembra intenzionata a risolvere – sono due e sono legati allo spazio (estensione dei titoli; i.e: 750 kmq) e al tempo (durata dei titoli). Su entrambe le questioni il piano, di per sé, non può nulla. Si badi che alla scadenza del 30 settembre, qualora il piano non fosse approvato, i permessi sospesi (e i procedimenti finalizzati al rilascio dei titoli, anch’essi al momento sospesi) torneranno ad avere efficacia automaticamente.
L’estensione della moratoria era stata inserita nella bozza del Milleproroghe. Con quale intenzione è stata tolta all’ultimo?
Ovviamente, con l’intenzione di non decidere – nel modo netto che ci serve con urgenza – che dobbiamo smetterla di bruciare idrocarburi. Sono sempre di più i Paesi che si rendono conto che queste attività vanno fermate e anche l’Italia deve passare dalle parole ai fatti. Abbiamo sentito dal Presidente del Consiglio che l’Italia vuole avere un ruolo di avanguardia nella lotta ai cambiamenti climatici e chiediamo coerenza: dalle fonti fossili dobbiamo passare, con una transizione giusta che tuteli lavoratori e cittadini, a un sistema energetico basato su fonti rinnovabili.
Il precedente di Global Med
Per comprendere meglio l’inefficienza delle leggi italiani in materia di trivelle basta guardare il caso della Global Med LLC, società americana appendice del Gruppo Global legato alla Bhp Billiton, potenza mineraria responsabile del più grande…per continuare a leggere cliccare: https://www.leggiscomodo.org/nicola-fratoianni-trivelle/?fbclid=IwAR1QhySNXrz0DPA-Gj0LmFmoFtR5uPXLfZ33vfr0E9NgS06ddArFzZfSQ3w