Prolungati applausi, a Venezia, per Sabina Guzzanti che torna a vestire la maschera satirica che più guai e successo le ha fruttato: quella di Silvio Berlusconi. Ma stavolta lo fa in un film, il più atteso della Mostra, che getta un sasso pesantissimo nello stagno dei rapporti tra stato e mafia. Se il Belluscone di Franco Maresco, tra i più applauditi del Festival, si è già tirato dietro la richiesta di “sequestro”
da parte del forzista Malan, non passerà certamente indenne ad accuse e polemiche La trattativa, visto oggi fuori concorso e in sala dal 2 ottobre per la Bim.
Forza Italia: sequestrare il film di Maresco
“Belluscone”, l’impossibile film di Maresco di Ga.G.
Dopo lunghe ricerche su atti giudiziari, libri, articoli di giornale, ore di registrazioni processuali, Sabina Guzzanti sforna un efficace mosaico, tra cinema, teatro e satira, che ricostruisce gli aspetti più oscuri della cosiddetta “trattativa” tra Stato e mafia. Tessere di un puzzle apparse fin qui nelle cronache che lei rimette insieme in un unico filo “azzurro” in cui Cosa Nostra, stando alla sua ricostruzione, appare come il socio di maggioranza nella fondazione di Forza Italia, attraverso l’intervento del siciliano Marcello Dell’Utri. Nuova forza politica d’elezione per una mafia in evoluzione che nella vecchia Dc in dissolvimento – vedi l’omicidio di Salvo Lima – non trovava più i suoi referenti. E tutto questo sarebbe accaduto a seguito delle stragi degli anni Novanta, culminate con gli omicidi di Falcone e Borsellino di fronte alle quali lo Stato avrebbe deciso di piegarsi e trattare.
Sabina Guzzanti, dunque, sposando una delle tesi in circolazione in questi lunghi anni di processi e di altrettanti insabbiamenti, mette in scena un racconto serrato e appassionante ispirandosi – dichiaratamente – ad un grande padre del nostro cinema di denuncia: Elio Petri. In particolare a Tre ipotesi sulla morte di Giuseppe Pinelli, in cui uno straordinario Gian Maria Volontè dichiara di fronte alla cinepresa: “Siamo un gruppo di lavoratori dello spettacolo, ci proponiamo attraverso l’uso del nostro specifico di ricostruire le tre versioni avallate dalla magistratura sul presunto suicidio dell’anarchico Pinelli”.
Sabina Guzzanti però, ne presenta solo una di tesi, tirando in causa anche il presidente Napolitano di cui dice essere «per sua decisione, legato a questo processo», per “proteggere” l’allora ministro dell’Interno Mancino. «Quello di Napolitano è stato un intervento a gamba tesa piuttosto forte sulla Procura di Palermo – prosegue Guzzanti -, inoltre ha fatto pressioni sulla Cassazione e di questo ci sono anche le testimonianze di Pietro Grasso. È incontestabile l’intervento del Quirinale a favore di un indagato».
Ne La trattativa, come nel film ispiratore di Petri, c’è un gruppo di attori, tra cui anche la Guzzanti, a vestire di volta in volta i panni di pentiti, giudici, mafiosi all’interno di un teatro di posa, mentre il repertorio scorre su un grande schermo di fronte allo sguardo, a tratti attonito, degli stessi interpreti-spettatori. Come quello degli italiani di fronte “al presunto suicidio” del nostro Paese che racconta il film.