Un centinaio di migranti al confine di Horgos tra Serbia e Ungheria hanno iniziato uno sciopero della fame per protesta contro la chiusura della frontiera dalla mezzanotte. La tensione è palpabile, con i migranti che fischiano e scandiscono slogan al passaggio degli elicotteri ungheresi. In questa terra di nessuno sono migliaia gli accampati, in condizioni estremamente difficili. Nella zona il caldo è forte, sui 30 gradi, e molti sono i bambini che si trovano senza alcun riparo dal sole cocente e senza acqua, cibo e servizi igienici. In tanti si sono rifugiati sotto camion fermi in cerca di ombra Molti migranti mostrano cartelli di protesta con su scritto “no food, no water”.» (avvenire.it)
Il tempo stringe, nel giro di pochi giorni può accadere letteralmente di tutto. Compresa l’eventualità che i soldati di Orban comincino a sparare sui profughi che tentano di sottrarsi alla cattura. Già siamo oltre l’immaginabile quando un paese dell’Unione schiera tribunali da campo e giudici da battaglia lungo la frontiera per esercitare «giustizia» sommaria sui migranti. Se un nazionalismo sempre più incarognito regna incontrastato in buona parte delle discutibili «democrazie postcomuniste», anche a occidente priorità e interessi nazionali si fanno pericolosamente strada. La «generosità» del governo di Berlino, subito celebrata come un ritrovato primato morale della Germania, lascia rapidamente il passo a un «ordinato» processo di assorbimento secondo i ritmi e le necessità della macchina economica tedesca. (il Manifesto)