La falce del governo taglia la marijuana terapeutica

Il tagliaerba

Salute. Rischio chiusura per l’unico centro abilitato alla sperimentazione. Nella tagliola della spending review il 50% dei centri di ricerca agricola. Il ministro: «La decisione non è definitiva»

Un agronomo ispeziona le piante del centro Cra-Cin di Rovigo © Lorenzo Masi

Nem­meno il tempo di otte­nere il primo rac­colto, e la pro­du­zione ita­liana di can­na­bis tera­peu­tica è già in fase di declino. Con buona pace delle 11 Regioni che hanno già appro­vato una legge per garan­tire ad un gran numero di pazienti la gra­tuità dei far­maci a base di Thc. Il primo passo è stato siglato venerdì sera con la nota uffi­ciale del com­mis­sa­rio nomi­nato dal mini­stero delle Poli­ti­che agri­cole reca­pi­tata al Cra-Cin (l’ente pub­blico di ricerca e spe­ri­men­ta­zione in agri­col­tura e per le col­ture indu­striali) di Rovigo per annun­ciarne la chiu­sura, a causa dei tagli impo­sti dalla spen­ding review avviata ad otto­bre scorso dal governo Renzi.

Il cen­tro di ricerca rodi­gino è l’unico luogo in Ita­lia dove la mari­juana può cre­scere legal­mente per­ché la col­ti­va­zione avviene a scopo scien­ti­fico, ed è da lì che pro­ven­gono le pian­tine for­nite allo Sta­bi­li­mento chi­mico far­ma­ceu­tico mili­tare di Firenze, dove da otto­bre 2014 è stata avviata — con grande enfasi dei mini­stri Loren­zin e Pinotti — la pro­du­zione spe­ri­men­tale del primo far­maco ita­liano equi­va­lente al Bediol, attual­mente impor­tato dall’Olanda per le cen­ti­naia di pazienti ita­liani (si stima il 5% della popo­la­zione) che ne hanno bisogno.

Quella di Rovigo è una delle sedi del Cra da tagliare, secondo il «piano trien­nale per il rilan­cio e la razio­na­liz­za­zione delle atti­vità di ricerca e spe­ri­men­ta­zione in agri­col­tura» a cui sta lavo­rando il com­mis­sa­rio ad hoc Sal­va­tore Par­lato, nomi­nato appena pochi mesi fa, pro­prio men­tre si inau­gura l’Expo e si punta al «rilan­cio dell’agricoltura italiana».

Al mini­stero dell’Agricoltura, però, ten­gono a pun­tua­liz­zare che il pro­blema delle «arti­co­la­zioni ter­ri­to­riali» del Cra — che secondo il piano andreb­bero ridotte di «almeno il 50%», insieme alle spese cor­renti dell’ente da tagliare di «almeno il 10%» — sta «nell’inadeguatezza degli immo­bili rispetto agli obiet­tivi della ricerca». Comun­que, assi­cu­rano le fonti di via XX Set­tem­bre, «la pro­po­sta del com­mis­sa­rio non è ancora stata appro­vata dal mini­stro». E «in ogni caso, il know how dei cen­tri di ricerca non andrà perso».

E invece Gian­paolo Grassi, primo ricer­ca­tore del Cra di Rovigo, «un cen­tro che ha cento anni di sto­ria, fon­dato nel 1912 dall’agronomo Otta­vio Mune­rati», è pre­oc­cu­pato: «Così salta la spe­ri­men­ta­zione ita­liana della can­na­bis tera­peu­tica per­ché lo sta­bi­li­mento di Firenze, che è l’unico auto­riz­zato a tra­sfor­mare la pianta in far­maco, non avrà un secondo rac­colto, dopo il primo pre­vi­sto per il pros­simo giu­gno e otte­nuto con le 80 pian­tine sele­zio­nate da noi in dieci anni di studi». «Pur­troppo non abbiamo avuto l’autorizzazione a pro­durre noi diret­ta­mente il far­maco, mal­grado ne abbiamo il know how. Abbiamo invece dovuto istruire i tec­nici dello Sta­bi­li­mento mili­tare di Firenze».

Nel cen­tro di Rovigo, sede distac­cata del Cra di Bolo­gna, uno staff di nove per­sone tra ricer­ca­tori, tec­nici, ammi­ni­stra­tivi e agri­col­tori lavora «su un campo spe­ri­men­tale di 60 ettari, serre e labo­ra­tori per un inve­sti­mento com­ples­sivo di 2 milioni di euro — rife­ri­sce Grassi — ma se lo doves­simo costruire oggi coste­rebbe almeno 3 milioni». Ovvia­mente non lavo­rano solo sulla canapa: è in capo a loro, per esem­pio, il ser­vi­zio di cer­ti­fi­ca­zione sementi. Ma l’istituto veneto è diven­tato un cen­tro di rile­vanza inter­na­zio­nale nello stu­dio della canapa indica con o senza Thc.

«Dovreb­bero raf­for­zare il pro­gramma, invece di ridurlo — con­clude Grassi — Nello sta­bi­li­mento di Firenze è pre­vi­sta una pro­du­zione, a pieno regime, di cento chili l’anno, che equi­vale al fab­bi­so­gno di un cen­ti­naio di pazienti, non di più. E invece, tanto per fare un esem­pio, solo nell’unità antal­gica dell’ospedale pub­blico di Pisa, il dot­tor Paolo Poli che lo dirige nell’ultimo anno ha trat­tato con far­maci a base di can­na­bis 500 pazienti, e il numero è in crescita».

D’altronde, è dif­fi­cile eman­ci­parsi total­mente dalla cul­tura proi­bi­zio­ni­sta — da noi impe­rante e nel resto dell’occidente ormai quasi resi­duale — che ha finito per ren­dere la mari­juana la pianta più demo­niz­zata in Ita­lia. Come denun­cia da tempo la segre­ta­ria dei Radi­cali ita­liani, Rita Ber­nar­dini, mostrando urbi et orbi le «cin­quanta piante di mari­juana che ho sul ter­razzo ma nes­suno mi arre­sta, men­tre le car­ceri sono piene di per­sone che hanno fatto, in que­sto campo, molto meno di me».

fonte: la Repubblica

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