di Luigi Vinci. Il lungo intervento televisivo a mezzogiorno e mezzo del 29 giugno del presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker dichiara quasi apertamente quale sia stata in questi quattro mesi di cosiddette trattative l’intenzione vera dei vertici di governo europei e dei paesi dell’eurozona nei confronti della Grecia: far saltare il governo di Syriza, reo di non sottomettersi agli imperativi della cosiddetta austerità. Ed è inoltre una novità assoluta, assieme a un fatto inaccettabile, pesantemente lesivo della dignità e dell’indipendenza della Grecia, che il presidente di un’istituzione comunitaria con ruoli di governo intervenga a gamba tesa in vista del referendum greco di domenica prossima, destinato a decidere se la Grecia dovrà piegarsi all’austerità o la rifiuterà, proponendo al popolo greco di votare a favore dell’austerità, cioè contro l’opinione del proprio governo. La Grecia ha subìto per cinque anni non solo imposizioni economiche che ne hanno catastrofizzato le condizioni di vita e l’economia, ma che l’hanno trasformata in una sorta di colonia dei vertici di governo europei, e attraverso essi della Germania e del Fondo Monetario Internazionale; e ora il tentativo è di confermare questa condizione, facendo fuori il governo di Syriza, od obbligandolo a una penosa marcia indietro.
Juncker nel suo intervento ha peccato in due diversi modi: ha raccontato un sacco di balle circa le proposte effettuate dai vertici europei e dall’FMI al governo greco, e ha “ignorato” fatti decisivi dell’ultimo periodo della cosiddetta trattativa. Cominciamo da quest’ultimo punto.
Il governo greco a un certo momento tentò, lo si ricorderà, di avanzare una proposta recante significative concessioni alle richieste di poteri europei ed FMI, nel tentativo di chiudere la trattativa anche con un mediocre compromesso, onde poter ottenere il completamento dei versamenti dovutigli dal Fondo Salvastati, e da esso sospesi per decisione della Commissione Europea e dell’Eurogruppo. Tali due poteri europei espressero da parte dei loro presidenti, rispettivamente Juncker e Jeroen Dijsselbloem, forse perché spiazzati, il loro apprezzamento per la proposta greca. Essa è “una buona base di discussione”, venne detto, ecc. Dissero la stessa cosa un po’ di governi, tra cui quello tedesco e quello francese. Intervenne Christine Lagarde, direttore dell’FMI, e “corresse” il documento greco, riscrivendolo in realtà nella sua interezza, concretamente rimettendoci dentro tutte quante le richieste di poteri europei ed FMI che il governo greco aveva rifiutato fin dall’inizio; e subito dopo i poteri europei e uno dopo l’altro i governi dell’eurozona si metteranno in coda a dichiarare inaccettabile il documento greco. L’ultima riunione congiunta di Commissione Europea ed Eurogruppo, quella nel corso della quale avviene la cosiddetta rottura da parte greca della trattativa, si caratterizza per il tentativo di tentare di portare il rappresentante greco ad accettare la posizione imposta dal FMI. Juncker dice che la discussione era in corso e che la Commissione non aveva ancora snocciolato le sue proposte. Perché non le aveva presentate all’inizio della riunione? Queste proposte, che Juncker ha reso pubbliche nei giorni successivi, esistevano davvero? Conclusione: formalmente le trattative le ha interrotte la parte greca venendo via dalla riunione e poi annunciando, tramite il suo premier Alexis Tsipras, l’intenzione di andare a un referendum che consenta al popolo greco di decidere se preferisca piegarsi alla posizione dei poteri europei e dell’FMI oppure resistergli. Ma in realtà le trattative le aveva già rotte l’FMI, o meglio erano state rotte quando i poteri europei si erano accodati all’FMI.
Una breve parentesi. Ho scritto nei giorni sorsi come abbia visto nella decisione della Banca Centrale Europea di continuare a versare alle banche greche liquidità, data la situazione di estrema emergenza finanziaria della Grecia, qualcosa che muoveva contro l’intenzione di mettere la Grecia in una situazione in cui si avvenissero assieme default e uscita dall’euro. Tsipras ha polemizzato con la BCE, affermando che il versamento, eguale a quelli precedenti anziché superiore, era inadeguato: essendo, aggiungo io, le casse dello stato greco ormai a secco ed essendosi creata una situazione in cui i detentori di conti correnti tentavano, abbastanza in preda al panico, di prendersi ai bancomat i loro soldi, temendo in un modo o nell’altro di esserne espropriati. Mi pare che la presa di posizione di Tsipras chiarisca qualcosa che non era chiarissimo prima: il fatto che la Grecia sia finanziariamente totalmente allo stremo, quindi non abbia tempo ulteriore davanti a sé per trattare, manovrare, ecc. Poiché i banditi europei e l’FMI i conti erano in grado, a differenza di noi spettatori, di farli precisi, il ragionamento porta anche a dire che i poteri europei avrebbero a questo punto, con ogni probabilità, tentato di far fuori il governo di Syriza. E in effetti Juncker è stato in questo senso assolutamente puntuale. Allarme rosso: se il referendum sarà perso dal governo di Syriza non è proprio detto che esso riuscirà a rimanere in piedi, o a riuscire a parare qualcosa delle botte che arriveranno alla popolazione una via l’altra da parte europea.
Veniamo alle balle di Juncker, quindi a quelle che sono state fino all’ultimo le richieste dei poteri europei e dell’FMI al governo greco. L’elenco è lungo: ma dopo qualche riga avrete capito tutto e potrete tranquillamente passare alle ultime due righe.
Alé:
– L’IVA portata dal 13% al 23% su ristoranti e alberghi
– L’abolizione della riduzione dell’IVA ad abitanti e attività delle isole
– L’imposizione di anticipazioni del 100% delle tasse a carico delle attività economiche e del lavoro autonomo
– L’abolizione delle deduzioni dalle tasse (riguardanti acquisti di carburante ed entrate) a carico degli agricoltori
– Il taglio per 900 milioni di euro (pari allo 0,5% del PIL greco) delle spese in welfare
– L’abolizione immediata dei pensionamenti anticipati
– L’abolizione graduale dei sussidi di solidarietà a pensionati
– La piena realizzazione della legge sui fondi della sicurezza sociale (cioè il loro abbattimento), in conformità al programma imposto dalla trojka alla Grecia prima del governo Tsipras
– La realizzazione dello “zero deficit” e la messa all’opera dei fondi per una pensione integrativa esclusivamente tramite risorse proprie (cioè senza contributi pubblici)
– L’aumento dei contributi dei pensionati al sistema sanitario dal 4 al 6%
– Il congelamento delle pensioni fino al 2021
– L’esenzione generalizzata dei contratti di lavoro dai loro termini di legge, a meno di decisioni contrarie di governo
– L’impedimento della possibilità di confisca (da parte fiscale) dei depositi bancari sotto ai 1500 euro portato a cifra molto inferiore
– L’aumento del tasso di interesse sui debiti dei cittadini e delle attività economiche
– La riduzione dei salari nel pubblico impiego
– La piena realizzazione del pacchetto fiscale deciso in sede OCSE (e sospeso dal governo Tsipras)
– Misure fortemente limitative della produzione farmaceutica greca
– La prosecuzione della privatizzazione dell’ADMIE (l’ente greco di produzione e distribuzione di energia elettrica e di distribuzione del metano)
– La vendita delle azioni in mano statale dell’ente greco preposto alle telecomunicazioni
– L’abolizione dello speciale contributo del 12% dei profitti di impresa superiori nel 2014 a più di 500 mila euro
– L’impedimento a continuare a collocare i contributi degli imprenditori per le pensioni e la sicurezza sociale al livello del 2014 (cioè la riduzione di questi contributi).
Non male, davvero, tutte queste misure, sul piano, stando al buon Juncker, della giustizia sociale e della ripresa dell’economia greca!