Eliminiamo le monete di rame

euro centesimi

Dire addio alle monetine ci farebbe risparmiare 21 milioni di euro l’anno

 

I ‘ramini’ da uno e due centesimi costano allo Stato che li produce più di quel che valgono. Ecco perché c’è una mozione trasversale, dal Sel ad alcuni democratici, per eliminarle

Le monetine da uno, due e cinque centesimi costano molto più di quel che valgono. Il loro costo di produzione, cioè, è maggiore del valore nominale delle monete. Per fare un centesimo si spendono 4,5 centesimi di euro; per fare la monetina da due centesimi, 5,2; solo per quella da cinque centesimi si va quasi in pari: 5,7 centesimi di costo. Ramini, si chiamano. E la loro inefficienza è dunque ben più grave del fastidio di resti impossibili, tasche piene e portamonete gonfi.
Il risparmio che si potrebbe ottenere, sospendendo anche solo le monete da uno e due centesimi, è di 21 milioni di euro l’anno. E questo è l’obiettivo di Sergio Boccadutri, deputato di Sel, che ha presentato una mozione alla Camera. «Il problema non è solo il costo di produzione» spiega. Il problema dei ramini è che «non circolano» e che «il 70 per cento si perde ogni anno, costringendo la zecca a continue nuove produzioni». Già, perché il costo di una moneta si può ammortizzare, facendola passare di mano in mano. Con i tagli piccolissimi spesso non accade. Non ne avete in casa una ciotolina piena?
Sembrerebbe puro buon senso, dunque, decidere di eliminare almeno quelle da uno e due centesimi. E forse per questo la mozione è riuscita a raccogliere consensi trasversali.  Dopo quella di Boccadutri e di altri parlamentari di Sinistra Ecologia Libertà, a sostenere la causa sono arrivate anche le firme di democratici di peso, come il lettiano Francesco Sanna, e l’ex bersaniano Nico Stumpo, e di Scelta Civica. Ha firmato anche il ministro Maria Elena Boschi, quando era deputata semplice. Poi, hanno firmato tre deputati del movimento 5 stelle: Tommaso Currò, Paola Pinna, Marta Grande. Dissidenti, secondo la sintesi giornalistica. Soprattutto Currò, che fu sanzionato dal gruppo per non aver condiviso le ragioni della sua firma su un emendamento all’ultima legge di stabilità che aveva come prima firma quella della berlusconiana Stefania Prestigiacomo. L’emendamento chiedeva di istituire un’oasi marina protetta a Capo Milazzo. «Localismo» fu l’accusa. La punizione quasi comica: Currò dovrà redigere i verbali delle riunioni del gruppo. Un compito evidementemente considerato ingrato.
«Questa volta non hanno modo di creare un caso» dice però all’Espresso: «noi semplicemente firmiamo e votiamo come ha sempre detto di fare il movimento le cose giuste, e questa lo è». E però c’è chi vede l’ennesimo strappo dei dissidenti, che firmano mozioni senza coinvolgere il gruppo. Lo fanno per contarsi? Nessuno conferma, e nessuno smentisce. Ma anche i deputati Walter Rizzetto e Aris Prodani, sempre dissidenti, firmano la mozione, la cui discussione è prevista per la prossima settimana, ma che potrebbe slittare per la fiducia sul decreto lavoro.
Dunque si chiederà, con l’approvazione, al governo di attivarsi. Controindicazioni? L’inflazione? «E’ un falso problema» dice Boccadutri. «Sospenderemmo solo il conio delle monete» spiega «non il loro valore legale». Quelle che si hanno quindi si potranno continuare a spendere, e così tutti gli acquisti online potranno continuare come prima. Per gli acquisti nei negozi «si applicherebbe l’arrotondamento, verso lo zero inferiore se il prezzo finiva con uno e due centesimi, verso i cinque centesimi se finiva con tre, quattro, sei o sette centesimi, e allo zero superiore se finiva con 8 o 9 centesimi». La fine dei prezzi psicologici? «No. Semplicemente quel 9,99 diventerà 9,95».
«Effettivamente l’inflazione non è un problema» conferma all’Espresso l’economista Luca Fantacci, esperto di storia della moneta, professore alla Bocconi di Milano. «Eventuali effetti sui prezzi non sarebbero significativi» dice, e però anche il risparmio ottenuto «non è così importante». La cifra in effetti è contenuta. «Molto di più si potrebbe ottenere puntanto sulla diffusione della moneta elettronica», su carte e bancomat, insomma. «Il vero punto del provvedimento» continua, «è che giustamente evidenzia come il problema della moneta, e non solo dei piccoli tagli, sia il fatto che gira poco». Una banconota, infatti, cambia mano, mediamente, due volte l’anno ed è quindi improduttiva, come si direbbe se fosse un lavoratore.

E va bene eliminare le monete più improduttive di tutte, ma anche per le altre si può fare qualcosa. «Anche la banca centrale europea» dice Fantacci, sta studiando dei meccanismi per fare girare di più, soprattutto le riserve delle banche: «il principio a un nome di derivazione marittima, il demorrage. Se una nave si ferma in porto più di quanto necessario alle operazioni di carico e scarico, scatta una sovrattassa».

fonte: l’Espresso
http://espresso.repubblica.it/attualita/2014/04/18/news/dire-addio-alle-monetine-ci-farebbe-risparmiare-21-milioni-di-euro-l-anno-1.162114