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La brutta époque
Si aprono oggi in una Francia blindata e con l’eco degli spari degli Champs Élysées i seggi (in Oltremare già ieri) per il primo turno delle presidenziali. Nei sondaggi favorito il centrista Macron, ma incalzano il conservatore Fillon, Marine Le Pen (Front national) e il candidato di sinistra Mélenchon. Europa col fiato sospeso
La Francia blindata al voto con l’eco degli spari nell’urna
Primo turno delle presidenziali. La Francia blindata al voto con l’eco degli spari nell’urna. Si aprono stamani i seggi (Oltremare già ieri) dopo la lunga sfida a 11 per arrivare al ballottaggio. Europa col fiato sospeso per il voto di oggi ma il presidente francese si avrà solo dopo il 7 maggio. Sulle intenzioni di voto, nella fascia di elettori tra i 18 e i 25 anni, Marine Le Pen è largamente in testa
Oggi la Francia è al voto per il primo turno delle presidenziali dopo una lunga campagna che lascia un clima di confusione, senza che nessun tema sia diventato davvero centrale, una V Repubblica arrivata al capolinea, concentrata attorno alla personalità dei candidati invece che sui programmi.
I seggi aprono alle 8 e chiudono alle 19 (alle 20 per le grandi città) e il risultato potrebbe tardare ad arrivare stasera. Undici candidati sono in corsa, quattro in testa stando ai sondaggi, tra il 19 e il 23%: Emmanuel Macron (En Marche! centro), François Fillon (Républicains, destra), Marine Le Pen (Fronte nazionale, estrema destra), Jean-Luc Mélenchon (France Insoumise, sinistra). Assente nella pattuglia di testa, Benoît Hamon (Ps), ormai distanziato, malgrado abbia messo sul tavolo una delle poche idee nuove, il reddito universale.
IL VOTO AVVIENE due giorni dopo l’attentato dei Champs Emysées, che è costato la vita a un poliziotto. La sicurezza è al massimo, in un paese che dal novembre 2016 è in stato d’emergenza: 50mila agenti di polizia e 7mila militari sorveglieranno lo svolgimento nei 66.546 seggi, nei più importanti c’è un sistema di collegamento diretto con la Prefettura in caso di problemi, dovranno venire evitate le code di elettori, che potrebbero essere un bersaglio. Le autorità pensano anche al dopo: potrebbero esserci disordini nella serata, in caso di passaggio al ballottaggio di Marine Le Pen. Il secondo turno sarà tra 15 giorni, il 7 maggio.
È IL DECIMO VOTO diretto per la scelta del presidente nella Quinta Repubblica. François Hollande ha rinunciato a ricandidarsi e nella campagna è mancata la discussione sul bilancio della presidenza uscente, di cui nessuno vuole assumere l’eredità. Dal ’62, quando con un referendum era stato scelto il sistema di elezione diretta del capo dello Stato, mai il presidente uscente si era ripresentato (era successo solo nel ’74, perché Georges Pompidou era deceduto). Il voto è già iniziato ieri nell’Oltremare: da Saint-Pierre et Miquelon a Mayotte, passando per la Guyana, le Antille, la Polinesia francese, la Nuova Caledonia e la Réunion. La Guyana è andata al voto dopo l’accordo che è stato raggiunto ieri in seguito a un mese di forti proteste: oltre al miliardo di euro già stanziato, c’è la promessa di altri 2 miliardi di investimenti pubblici (ma la patata bollente passa in realtà al prossimo governo).
GLI 11 CANDIDATI ricoprono un ampio spettro di posizioni politiche: oltre ai cinque principali, i trotzkisti Philippe Poutou (Npa) e Nathalie Arthaud (Lutte ouvrière), fino alla destra di Nicolas Dupont-Aignan e i tre «piccoli» (François Asselineau, Jacques Cheminade e Jean Lassalle). Ma l’offerta sembra non convincere in questo periodo di crisi e di sfida verso la politica. L’astensione potrebbe essere importante, vicina a quella del record del 2002, l’elezione dello choc della prima presenza del candidato del Fronte nazionale al ballottaggio. La campagna è stata scossa dagli scandali, in primo luogo quello di Fillon (impieghi fittizi di famigliari, società di consulenza, regali) seguito da Marine Le Pen (impieghi fittizi pagati dal Parlamento europeo).
AL DI LÀ DELLE SINGOLE proposte, due attitudini si scontrano oggi: l’ottimismo e il pessimismo, e di conseguenza l’apertura e la chiusura al mondo (a cominciare dall’Europa). Macron, Hamon, Mélenchon, al di là della diversità delle proposte, propongono un futuro costruttivo, anche se il candidato della France Insoumise indulge sotto alcuni aspetti al protezionismo, che chiama solidale. Gli altri hanno instillato per mesi – la campagna è stata lunghissima, dalle primarie della destra del dicembre 2016, ma anche da prima – una visione pessimista, di paura. I partiti che hanno governato la Francia negli ultimi 50 anni, i neo-gollisti e i socialisti, rischiano oggi di essere esclusi, a favore del rancido (Le Pen), del superamento degli schieramenti (Macron) o di uno spirito di protesta (Mélenchon).
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