Editoria: la ghigliottina di Renzi

Al Pacino per il manifesto, Los Angeles 2014 © Luca Celada – il manifesto

La ghigliottina di Renzi

Mi riprendo il manifesto. Con una scelta senza precedenti, il governo taglia i rimborsi per l’editoria 2013 già previsti nel bilancio dello stato e degli editori. Una vera e propria decapitazione del «manifesto» e di una parte dell’informazione. Nessuna logica economica spiega questa spending review. Se Palazzo Chigi non tornerà sui suoi passi, di soldi ne dovrà spendere assai di più per fronteggiare il fallimento di decine di testate e il licenziamento di centinaia di lavoratori. È un colpo alla democrazia che «il manifesto» e i suoi lettori respingeranno con tutte le forze moltiplicando l’impegno nella campagna per l’acquisto della testata.

ogliono sof­fo­care il mani­fe­sto. E pro­prio in un momento fon­da­men­tale della nostra sto­ria: l’acquisto della testata. Vogliono can­cel­lare una voce, sto­rica, dell’informazione in Ita­lia. E insieme a noi altre decine e decine di testate gior­na­li­sti­che, di carta ma anche radio e tv. E que­sto gra­zie a una spen­ding review che nel nostro set­tore è appli­cata in modo spietato.

Una ridu­zione dei rim­borsi per l’editoria era attesa. Ma non in que­ste dimen­sioni e soprat­tutto non con un taglio retroat­tivo. Non fino al punto di con­fi­gu­rarsi come una vera e pro­pria cen­sura poli­tica, come una ghi­gliot­tina per tante voci dell’informazione.

E invece, se Palazzo Chigi non tor­nerà sui suoi passi, i peg­giori timori si avve­re­ranno: deca­pi­tando il fondo dell’editoria, il governo into­nerà il de pro­fun­dis per migliaia di gior­na­li­sti, impie­gati, ope­rai. Si può discu­tere su un fondo per l’editoria dato a mac­chia d’olio, si può per­fino eli­mi­nare, anche se noi, e non solo noi, abbiamo molti dubbi. Però non si può agire così vigliac­ca­mente. Per­ché viene dato un colpo basso, pro­di­to­rio, visto che il taglio si rife­ri­sce ai rim­borsi per il 2013, appo­stati nei bilanci già chiusi l’anno scorso. Di con­se­guenza tan­tis­sime testate dovranno por­tare i libri in tri­bu­nale e dichia­rare fallimento.

È una vera e pro­pria deca­pi­ta­zione di una parte dell’informazione ita­liana. Si tratta della can­cel­la­zione di molte voci con sto­rie diverse ma tutte espres­sione di una plu­ra­lità di punti di vista poli­tici, cul­tu­rali, sociali desti­nati a scomparire.

Non siamo così miopi da non vedere e così stolti da non sapere che il fondo per l’editoria è stato in anni pas­sati anche un pozzo di denaro dove attin­gere soldi, per far nascere ini­zia­tive edi­to­riali finte, di fac­ciata, uti­liz­zate per altri fini e per arric­chire le tasche di fac­cen­dieri e impren­di­tori senza scru­poli. Per­ché gli edi­tori puri, in Ita­lia, sono una rarità. Anche die­tro la voce «coo­pe­ra­tive» si sono con­su­mate truffe e rube­rie. Però adesso si butta via il bam­bino con l’acqua sporca. Con due imme­diate con­se­guenze: un forte appan­na­mento nel mondo dell’informazione e il licen­zia­mento di cen­ti­naia di lavo­ra­tori del set­tore (tipo­gra­fie, distri­bu­zioni, car­tiere) che andranno a ingros­sare le già enormi per­cen­tuali della disoccupazione.

C’è una logica — anti­de­mo­cra­tica — in que­sta scelta del governo che sce­glie di chiu­dere decine di testate in un colpo solo.

È invece più dif­fi­cile da com­pren­dere e da spie­gare una deci­sione presa all’insegna del rispar­mio delle risorse pub­bli­che, quando si sa che ne dovranno essere impie­gate molte ma molte di più per fron­teg­giare gli ammor­tiz­za­tori sociali (mobi­lità, cassa inte­gra­zione, pen­sio­na­menti) per i licen­zia­menti e gli stati di crisi pro­vo­cati dai tagli.

Per farvi capire l’entità del colpo, basta il nostro caso: nel 2012 i liqui­da­tori, che «cura­vano» le casse del mani­fe­sto, hanno rice­vuto 2 milioni e 700 mila euro di rimborsi.

Per il 2013 alla nostra nuova coo­pe­ra­tiva forse ne arri­ve­ranno 600mila. Dun­que siamo di fronte non già a un mici­diale dimez­za­mento ma alla spa­ri­zione di oltre tre quarti dell’intero ammon­tare per l’anno passato.

E que­sto è un aspetto sul quale vogliamo insi­stere. Il governo agi­sce in modo dav­vero scor­retto, per­ché inter­viene sul pas­sato, retroat­ti­va­mente, su rim­borsi che cen­ti­naia e cen­ti­naia di lavo­ra­tori aspet­tano da tempo con ansia, per­ché in tanti sono senza stipendio.

La vio­lenza e la vigliac­che­ria della deci­sione è senza precedenti.

Per noi, se le cose non cam­biano, il con­tri­buto fal­ci­diato sarà appena suf­fi­ciente a coprire pic­cola parte dei costi legit­ti­ma­mente già soste­nuti. Per­ciò l’improvviso e ina­spet­tato abbat­ti­mento delle risorse pub­bli­che, pro­prio men­tre siamo impe­gnati nell’impresa di acqui­stare la testata, è per «il mani­fe­sto» un colpo duris­simo. Non vogliamo sospet­tare che il nostro gior­nale sia il boc­cone più ghiotto di que­sta ope­ra­zione distrut­tiva dell’informazione — quale altro gior­nale nazio­nale dà tanto spa­zio alle voci sin­da­cali, poli­ti­che, sociali ecul­tu­rali alter­na­tive? — ma come sug­ge­riva un antico navi­ga­tore della poli­tica ita­liana «a sospet­tare si fa pec­cato, ma spesso ci si indovina».

Eli­mi­nare un gior­nale nazio­nale che non ama il pre­si­dente del con­si­glio e soprat­tutto que­sto governo centro-sinistra-destra, che dopo la chiu­sura dell’Unità è l’unico a dare voce al males­sere del dis­senso interno al Pd, che com­batte sul fronte dei diritti del lavoro, che con­si­dera il libe­ri­smo ren­ziano l’ultimo sta­dio della crisi ita­liana anzi­ché la sua solu­zione, può rap­pre­sen­tare una ten­ta­zione, un desi­de­rio non detto.

Chiu­dere il mani­fe­sto può essere un obiet­tivo poli­tico, spe­cial­mente se si raf­forza. Se, come sta acca­dendo da mesi, cre­sce in numero di copie, se al gior­nale guar­dano con inte­resse le anime divise della sini­stra di alter­na­tiva, le infi­nite asso­cia­zioni del ter­ri­to­rio, i tanti movi­menti sociali, gli intel­let­tuali disin­te­res­sati e meno smar­riti, le avan­guar­die sin­da­cali più impe­gnate, gli impie­gati, i lavo­ra­tori e le lavo­ra­trici che non si arren­dono, gli stu­denti che spe­rano in un futuro possibile.

Tutto que­sto si vuole ucci­dere, per poche bri­ciole di finan­zia­menti dovuti, e fino al mese di novem­bre già cal­co­lati nel bilan­cio dello stato. Tut­ta­via ai malin­ten­zio­nati diciamo subito che non sarà facile can­cel­lare il mani­fe­sto dal pano­rama dell’informazione italiana.

In qua­ran­ta­quat­tro anni di vita abbiamo affron­tato decine di tem­pe­ste eco­no­mi­che e poli­ti­che e abbiamo impa­rato a com­bat­tere con­tro i colpi bassi del potere.

Per que­sto siamo ancora, come sem­pre, decisi a ven­dere cara la pelle. Come sem­pre, la nostra forza viene dal vostro soste­gno, da chi ci segue da sem­pre come da chi ci legge da poco tempo, dai fon­da­tori del gior­nale come dalle gene­ra­zioni degli ultimi quarant’anni.

Voi let­trici e let­tori siete l’esercito, par­te­cipe e largo, che si batte con noi nella bat­ta­glia per ripren­derci la testata. E tutti noi adesso abbiamo davanti il com­pito più dif­fi­cile: rag­giun­gere l’obiettivo di rac­co­gliere un milione di euro.

Man­cano poco più di venti giorni e il tra­guardo è ancora lon­tano, anche se le vostre dona­zioni sono straor­di­na­rie e costanti da quando, appena un mese fa, abbiamo ini­ziato la lunga rin­corsa verso la meta.

Certo, non siamo così bravi da orga­niz­zare una cena che in una sera porta un milione e mezzo di euro nelle casse ren­ziane. Però con­fi­diamo in ini­zia­tive simili, e chissà se qual­che mece­nate (ma esi­stono ancora?) non sia dispo­sto a emet­tere qual­che sostan­zioso bonifico.

Tut­ta­via la nostra cam­pa­gna deve assu­mere un altro passo: chi vuole con­ti­nuare a leg­gere il mani­fe­sto deve sce­gliere adesso. La par­tita il governo vuole gio­carla ora e noi dob­biamo essere in campo al mas­simo delle nostre forze.

Non ci sono tempi supplementari.

Intanto pre­pa­ra­tevi al 18 dicem­bre: quel giorno saremo in edi­cola con un nuovo numero a 20 euro. Come già a novem­bre, sarà un numero spe­ciale, a colori, con più pagine, dedi­cato all’anno che ci aspetta, e che vogliamo vivere insieme a voi. Per dare spe­ranza sulla figura del nuovo pre­si­dente della Repub­blica, per capire come si svi­lup­perà la crisi in Ita­lia e in Europa, per tenere alte le ban­diere nell’arcipelago di una sini­stra dei mille fiori ma con pochi bravi giardinieri.

Sap­piamo che la crisi morde la vita di troppe per­sone, e che vi chie­diamo un grande sforzo.

Ma se pen­sate al gior­nale del 18 dicem­bre come un regalo, allora forse sarà tutto più leg­gero. Con­si­de­rate que­sto numero del mani­fe­sto come un dono di Natale. Se que­sto avverrà, sarà un segnale impor­tante, per­ché ci farebbe avvi­stare il traguardo.

Abbo­na­menti dona­zioni sono il car­bu­rante di que­sta straor­di­na­ria rin­corsa alla nostra testata, ma un suc­cesso del mani­fe­sto a 20 euro met­te­rebbe solide basi al nostro spe­ri­co­lato e avvin­cente «salto con l’asta».

fonte: il Manifesto

http://ilmanifesto.info/la-ghigliottina-di-renzi/