Ecco il dramma ignorato dei veri “bimbi autistici”
Verrebbe da pensare che le due realtà – quella della sinistra e quella dell’autismo – si conoscano e collaborino. Invece no. Si parlano così poco che per metterle in relazione c’è voluta la gaffe del senatore del Pd Corradino Mineo che, polemizzando con Matteo Renzi, l’ha paragonato a un bambino autistico. Per poi correggersi, e peggiorare la situazione, precisando che per lui un ragazzino autistico è uno che magari «ti sorprende per la straordinaria capacità di risolvere un’equazione (in questo caso politica) complessa». Battuta rivelatrice di una certa diffusissima idea dell’autismo che è stata plasmata da un film molto bello – ma per questo aspetto fuorviante – come Rain Man.
L’autismo è un mondo completamente diverso da quello immaginato dalla maggioranza degli italiani, anche di quelli più colti, sensibili, informati e, appunto, di sinistra. È un mondo dove lo Stato è molto poco presente, dove l’assistenza varia così tanto da Regione a Regione che per i malati è come vivere in Stati diversi all’interno dello stesso Paese. È un mondo dove sostanzialmente ci si deve arrangiare. Anche perché, col compimento della maggiore età, l’assistenza pubblica specifica quasi scompare. Come se gli autistici fossero eterni “ragazzini”, mentre invece – in questo sono perfettamente “normali” – diventano adulti e anche vecchi. E molti di loro, per l’intero arco della loro vita, hanno bisogno di essere sempre affiancati da qualcuno. Al punto che – è quanto scrive per noi lo scrittore e giornalista Gianluca Nicoletti – un padre diventa prigioniero del proprio figlio.