La sfida di Draghi ai falchi della Bce: l’acquisto massiccio del debito pubblico dell’eurozona. Il «quantitative easing» di mille miliardi è superiore alle attese ma il rischio maggiore (l’80%) resta nella pancia delle banche centrali nazionali. La misura cerca di placare la crisi senza curarne la causa: l’assenza di investimenti
Draghi spiana il bazooka: mille miliardi contro la deflazione
Quantitative easing. 60 miliardi di acquisti di obbligazioni al mese, da marzo a settembre 2016. Draghi, con la cravatta blu dei grandi annunci, spiana il bazooka. Ma le perplessità tedesche impongono dei limiti: solidarietà limitata al 20%, tetti massimi sugli interventi. L’Italia è la grande beneficiaria della manovra, alla Grecia le briciole. I rischi di un buco nell’acqua, in mancanza di progetti di investimenti. L’austerità non si tocca
Mario Draghi ha annunciato con un ritardo di 8 minuti sui tempi previsti la mossa della Bce, ampiamente anticipata, di inondare il mercato di miliardi, e si è fatto rubare la vedette da Angela Merkel, che a Davos ha rivelato la decisione un po’ prima del presidente della Bce (e addirittura Hollande aveva anticipato tutti in occasione degli auguri al mondo economico).
C’è già chi vi vede un simbolo (sembra che ci sia stato un problema nell’ascensore della nuova Eurotower di Francoforte, costata 1,2 miliardi di euro e 12 anni di lavori), per una decisione “storica” che secondo molti economisti arriva troppo tardi: per la prima volta nella storia, infatti, la Bce comprerà debito, privato ma soprattutto pubblico, al ritmo di 60 miliardi al mese, a cominciare da marzo fino a settembre 2016.
1100 miliardi in tutto, gettati sul mercato, una cifra che si situa nell’alto delle forbice delle anticipazioni della vigilia. C’è stato “consenso” al board, ha spiegato con pudore Draghi, senza voto. Nel consiglio direttivo, dove siedono 12 colombe, 6 neutri e 6 falchi, tra cui i due rappresentanti tedeschi (Jens Weidmann, presidente della Bundesbank e Sabine Lautenshläger), non c’è stata unanimità. Sabine Lautenshlägen ha affermato: “Non c’è deflazione in questo momento, gli istituti di credito del sud dell’Europa non mancano di liquidità”. L’ostilità tedesca è arrivata persino a far titolare alla Frankfurter Allgemeine Zeitung: “La Bce sostiene Alexis Tsipras”.
La manovra intende combattere la minaccia di deflazione e contribuire al rilancio dell’economia.
A dicembre, i prezzi nella zona euro sono caduti dello 0,2% (ma i tedeschi leggono il dato come una conseguenza del calo del prezzo del petrolio). Mario Draghi, con la cravatta blu che segnala una decisione importante (la stessa di quando aveva detto che avrebbe difeso l’euro whatever it takes), ha precisato che ci sono delle limitazioni.
L’acquisto delle obbligazioni avverrà pro rata della ripartizione del capitale della Bce (cioè l’Italia è la grande vincente, controllandone il 12,5%, mentre per la Grecia ci saranno solo briciole). Solo il 20% degli attivi acquisiti saranno suscettibili di provocare perdite collettive, cioè la solidarietà tra partner è limitata. C’è poi un tetto al 25% sul montante di ogni emissione di obbligazioni che la Bce potrà acquisire e un tetto del 33% sul debito di ogni emettitore. Verranno però acquisite obbligazioni a diversa durata, da 2 a 30 anni.
Secondo l’economista Laurence Summers, che aveva messo in guardia contro la “stagnazione secolare”, il quantitative easing all’europea parte con tre handicap rispetto alle tre ondate Usa (2008, 2010 e 2012):
- la prima decisione della Federal Reserve ha goduto dell’effetto sorpresa, che non esiste oggi per la Bce;
- nel 2008 i tassi di interesse Usa erano al 3%, cioè c’era un margine di manovra al ribasso che non esiste in Europa (la Bce ha lasciato intatti i tassi, ormai allo 0,05%);
- infine, l’economia Usa si finanzia maggiormente sui mercati attraverso i bond di quanto non lo faccia quella europea, che si rivolge preferibilmente alle banche.
In altri termini, l’offerta di denaro potrebbe non stimolare l’economia come auspicato, a causa di una stagnazione della domanda (è successo in Giappone).
Per la Confederazione europea dei sindacati, “assistiamo a un cambiamento benvenuto della politica economica – ha commentato la segretaria generale, Veronica Nilsson – ma è l’austerità responsabile della stagnazione in Europa. Per rimettere l’economia europea in marcia bisogna investire a un livello più alto di quello proposto dal presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker”, con il piano di 315 miliardi, finanziato solo con 21 miliardi (per di più in parte denaro riciclato da stanziamenti già effettuati).
Ma ieri è stato un coro di raccomandazioni, perché nessun si faccia illusioni.
Angela Merkel ha sottolineato che il quantitative easing della Bce “non deve occultare il fatto che l’impulso per la crescita deve venire da condizioni messe in atto dalla politica”, cioè si deve continuare con le “riforme strutturali”.
Draghi ha ricordato che “la politica monetaria puo’ creare le basi per la crescita, ma perché questa crescita si consolidi ci vuole investimento”.
Inondare i mercati di soldi può anche far correre il rischio della creazione di bolle finanziarie, in mancanza di progetti di investimento intelligenti, che permettano una ripresa ecologicamente durevole (può anche portare a una spinta all’import, come è successo in Giappone).
Se il mercato è atono, insomma, l’effetto può essere inferiore alle attese: quest’estate la Bce ha già messo in atto un programma di 400 miliardi, ma solo 80 sono stati collocati (è il famoso “non si può obbligare a bere un cavallo che non ha sete”). Nel 2011-12, la Bce aveva stanziato mille miliardi per le banche.
- Guarda qui il video della conferenza stampa e il discorso ufficiale alla Bce (in inglese)
fonte: il Manifesto
http://ilmanifesto.info/bce-miliardi-contro-la-deflazione/