La corsa tra riforme e Colle

28desk1f01-quirinale-5.jpg  28 dicembre 2014

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28 dicembre 2014

—  Andrea Fabozzi, ROMA, 27.12.2014

Parlamento. La road map di gennaio di Renzi. La Costituzione prevede massimo 15 giorni tra le dimissioni del presidente della Repubblica e la prima seduta delle camere per eleggere il successore. In caso di addio annunciato ne sono bastati anche dieci. Ma stavolta il premier avrà bisogno di tutto il tempo per chiudere con Italicum e (difficilmente) il bicameralismo prima delle danze per il Quirinale

Saranno tre set­ti­mane da rac­con­tare quelle che par­ti­ranno il pros­simo 7 gen­naio con la prima seduta dell’aula del senato dedi­cata alla discus­sione della nuova legge elet­to­rale, per con­clu­dersi il 29 dello stesso mese con, assai pro­ba­bil­mente, la prima con­vo­ca­zione delle camere in seduta comune allar­gata ai dele­gati regio­nali per l’elezione del nuovo pre­si­dente della Repub­blica. Mat­teo Renzi vor­rebbe por­tare a casa il sì del senato all’Italicum in anti­cipo rispetto al primo scru­ti­nio per il Qui­ri­nale. Addi­rit­tura pun­te­rebbe al bis, visto che l’8 gen­naio comin­cia in aula alla camera la seconda let­tura del dise­gno di legge di revi­sione costi­tu­zio­nale: chiu­dere anche que­sto pas­sag­gio prima di aprire le danze per il Colle lo aiu­te­rebbe assai. Ma è impro­ba­bile che ci rie­sca.
Sarà, ancora una volta, una corsa con­tro il tempo. Con il corol­la­rio già visto di for­za­ture e strappi a rego­la­mento e prassi per com­pia­cere la tabella di mar­cia di palazzo Chigi. Tra tre giorni, mer­co­ledì sera, Gior­gio Napo­li­tano con­fer­merà agli ita­liani — diretta tv a reti uni­fi­cate — le sue dimis­sioni «immi­nenti». Il 14 gen­naio, il giorno dopo la con­clu­sione uffi­ciale del seme­stre ita­liano di pre­si­denza euro­pea, le dimis­sioni dovreb­bero essere effet­ti­va­mente pre­sen­tate con una comu­ni­ca­zione ai pre­si­denti di senato e camera. Da quel momento la Costi­tu­zione, arti­colo 86 secondo comma, con­cede 15 giorni di tempo alla pre­si­dente della camera per con­vo­care la prima seduta dei grandi elettori.

In que­sto campo i pre­ce­denti sono impor­tanti e ce ne sono tre ai quali si può ricor­rere: le dimis­sioni dei pre­si­denti Segni, Leone e Cos­siga (anche Per­tini e Scal­faro si sono dimessi, ma solo dopo che era già stato scelto il suc­ces­sore). Nel 1964 la seduta fu con­vo­cata dieci giorni dopo le dimis­sioni uffi­ciali di Segni (6–16 dicem­bre). Nel 1978 tra le dimis­sioni di Leone e il primo scru­ti­nio pas­sa­rono 14 giorni (15–29 giu­gno). Nel 1992 tra le dimis­sioni di Cos­siga e il primo scru­ti­nio tra­scor­sero tutti i 15 giorni pre­vi­sti come inter­vallo mas­simo dalla Costi­tu­zione (28 aprile-13 mag­gio). Il pre­ce­dente al quale ci si può richia­mare adesso, un caso cioè di dimis­sioni del capo dello stato ampia­mente annun­ciate e anti­ci­pate ai pre­si­denti dei due rami del par­la­mento, è quello del 1964, quando la con­vo­ca­zione del par­la­mento in seduta comune allar­gata fu la più rapida. Ma oggi anche tre o quat­tro giorni in più potreb­bero essere deci­sivi per la riu­scita del piano di Renzi.

Quanto all’Italicum, il governo può spe­rare di farlo appro­vare dal senato nel giro delle tre fati­di­che set­ti­mane. Mal­grado il testo di legge che andrà in discus­sione dal pome­rig­gio di mer­co­ledì 7 gen­naio sia ancora «grezzo»: è lo stesso appro­vato a marzo dalla camera, senza le modi­fi­che decise nell’ultima ver­sione del patto del Naza­reno tra Renzi e Ber­lu­sconi. Vanno ancora esa­mi­nati tutti gli emen­da­menti, e ce ne sono molti della mag­gio­ranza e del governo per­ché la sede refe­rente in com­mis­sione è stata com­ple­ta­mente sal­tata, eppure il pre­si­dente Grasso ha già dimo­strato di saper stron­care l’ostruzionismo con la tec­nica del «can­guro» che fa deca­dere migliaia di emen­da­menti in un colpo solo. Diverso il discorso per la riforma costi­tu­zio­nale, che è un dise­gno di legge più com­plesso e che nel pre­ce­dente pas­sag­gio nell’aula del senato ha richie­sto un mese di fati­coso lavoro. Il rego­la­mento della camera, poi, non con­sente let­ture «crea­tive» da parte della pre­si­denza ed esclude l’applicazione del «can­guro» alle leggi di revi­sione costituzionale.

Comun­que è certo che Renzi pro­verà a pre­sen­tarsi al primo appun­ta­mento con i grandi elet­tori avendo già segnato que­sti due suc­cessi, per quanto prov­vi­sori visto che le due leggi dovranno pas­sare nell’altro ramo del par­la­mento. Del resto Napo­li­tano legando le sue dimis­sioni alla con­clu­sione for­male del seme­stre, il 13 gen­naio del discorso del pre­si­dente del Con­si­glio ita­liano a Stra­sburgo, e non a quella sostan­ziale del 31 dicem­bre, gli ha già rega­lato due set­ti­mane di van­tag­gio, per la corsa.

fonte: il Manifesto
http://ilmanifesto.info/la-corsa-tra-riforme-e-colle/