Come garantire il diritto alla casa?

Neppure la notizia del buco di bilancio delle Aler ha aperto un vero dibattito sull’edilizia residenziale pubblica. L’attenzione si è concentrata sulla gestione dell’azienda e l’intervento finanziario della regione ha permesso di avviare il riscaldamento e fare fronte alla manutenzioni più urgente. Si spera di tirare avanti rinviando un dibattito che invece dovrebbe essere in cima all’agenda politica.
Alla fine degli anni ottanta del secolo scorso si eliminò la trattenuta Gescal con cui si costruivano e mantenevano le case popolari ed anziche sostituirla con una diversa forma di finanziamento ci si illuse di coprire il vuoto con la vendita di una parte dell’edilizia residenziale pubblica e la toppa peggiorò la situazione. Si vendettero molti alloggi, a basso costo ed in generale agli assegnatari non morosi, In pochi anni quel tesoretto svanì, probabilmente anche per una gestione non troppo accorta, e le Aler si trovarono a fare i conti con un monte affitti notevolmente ridotto e con la complicazione di dover gestire condomini misti. Si cercò di tirare avanti vendendo all’asta gli alloggi che si liberavano nei condomini misti (togliendoli quindi dall’assegnazione alla domanda casa) ma il rimedio funzionò solo fino a quando la crisi del mercato immobiliare non mandò deserte le aste.
Arriviamo così ai giorni nostri ed all’aumento del canone di affitto che ha portato ad una soluzione solo teorica in quanto l’aumento del monte affitti messo a bilancio non si è mai concretizzato a causa dell’aumento della morosità.
Una situazione che pare negare ogni prospettiva all’edilizia residenziale pubblica in Italia e quindi, di fatto al diritto alla casa. Che fare?
Inutile illudersi di risolvere il problema con una ripresa della svendita del patrimonio che è già il più basso tra i principali paesi d’Europa e non permette di rispondere neppure in parte alla sempre più drammatica domanda di case popolari.
Inutile anche pensare ad aumenti di affitti che non farebbero altro che trasformarsi in aumento della morosità (delle spese oltre che del canone). Morosità che non si può risolvere con gli sfratti in quanto non si farebbe altro che allungare le già chilometriche liste di famiglie in attesa di casa popolare.
Forse dovremmo imparare dai paesi europei che meglio affrontano il problema casa.
La Francia ad esempio riesce a fare fronte alla domanda casa dei casi sociali ma anche dei lavoratori (che possono pagare canoni più consistenti) con un numero di case popolari circa 4 volte superiore alla nostra. La trattenuta Gescal è in vigore e finanzia tutt’ora grandi progetti di edilizia pubblica. La morosità praticamente non esiste in quanto gli inquilini in difficoltà ricevono un contributo dai comuni per pagare l’affitto e quelli non in difficoltà si guardano bene dal non pagare in quanto un eventuale sfratto dalla casa popolare per morosità non permette di avere in assegnazione un nuovo alloggio pubblico. Un oltralpe che pare un altro mondo!
Angelo Gerosa