Pronto un piano B «Vendere le aree alla Regione per realizzare lì la Città della salute»
«Sconto dal Comune o Cerba a rischio»
Il curatore fallimentare: oneri di urbanizzazione troppo alti, progetto insostenibile
A quindici giorni dalla scadenza della convenzione è tutto o quasi da rifare. Del Cerba – la cittadella ospedaliera che deve nascere in fondo a via Ripamonti a due passi dallo Ieo (Istituto europeo di oncologia) – rischiano di rimanere solo i rendering ingialliti dal tempo. La riunione della commissione Sanità della Regione di ieri è servita a fotografare la distanza che separa gli attori in scena. Da una parte gli avvocati rappresentanti per la curatela fallimentare della Im.Co di Ligresti, che deteneva i terreni del Parco Sud; dall’altra le istituzioni, la Regione e soprattutto il Comune.
Tutto da rifare. L’accordo di programma firmato nel 2009 non è più economicamente sostenibile, dicono i curatori fallimentari. A cominciare da quei 92 milioni di oneri d’urbanizzazione che andrebbero pagati al Comune. «Troppi per trovare un soggetto che si faccia carico di proseguire il progetto», dice l’avvocato Umberto Grella. La cifra andrebbe ridotta più o meno a un terzo. «Sono accordi basati su valutazioni economiche e finanziarie risalenti al 2003, durante il boom del mercato immobiliare e ora non più sostenibili né per un soggetto pubblico né per un soggetto privato», aggiunge il consulente legale per il fallimento della Im.Co.
Secondo Grella gli oneri di urbanizzazione andrebbero quindi rinegoziati e poi dilazionati. Da rivedere anche la questione della manutenzione del parco che secondo l’accordo sarebbe a carico del nuovo proprietario delle aree per 30 anni, la possibilità di realizzare housing sociale (il Comune vorrebbe che le case fossero assegnate solo a medici e infermieri) e la necessità di impiantare in via Ripamonti negozi e supermercati (Palazzo Marino è contrario a nuovi centri commerciali). «Se il Comune ha davvero a cuore il futuro del Cerba dovrebbe sedersi a un tavolo e rinegoziare».
Secca la replica dell’assessore all’Urbanistica Ada Lucia De Cesaris: «Qui non si tratta di fare generici richiami alla collaborazione o alla ragionevolezza, ma di intraprendere azioni per tutelare il concreto interesse pubblico». Secondo il Comune la strada è una e una sola: «I patti vanno rispettati e non è accettabile modificare un progetto scientifico, snaturandolo, con la previsione di housing sociale e, addirittura, di una media struttura di vendita, ossia un centro commerciale». Pessimista anche il consigliere pd Carlo Borghetti: «Al momento non mi sembra che ci siano le condizioni per una modifica del piano integrato che possa vedere d’accordo la curatela fallimentare e il Comune di Milano».
La vicenda dovrebbe avere un epilogo entro il 28 giugno, data di scadenza dell’accordo di programma. Altrimenti? L’ipotesi più immediata è quella del ricorso al Tar da parte dei curatori fallimentari. Ma sul medio periodo è già pronto un piano B. «Potremmo vendere alla Regione le aree per realizzare lì la Città della salute».
“dal corriere di oggi”