di Mauro Caron. Se non ci fossero i Dardenne bisognerebbe inventarli. Beata Cannes che ha ospitato molti dei loro film e che per ben due volte li ha premiati con la Palma d’Oro.
Ancora una volta, con La ragazza senza nome, il loro cinema colpisce nel segno. Gli stilemi del loro cinema ci sono tutti (attenzione alla società ma grande sensibilità empatica verso le storie individuali, stile realistico e minimalistico, ambientazioni nella periferia di Liegi, rifiuto della musica extradiegetica come sottolineatura emotiva o drammaturgica, forte afflato etico), eppure il loro cinema non stanca mai.
Al centro, stavolta, di nuovo, una giovane donna. A darle un volto, hanno scelto Adèle Haenel (Les combattents), che con la sua interpretazione nervosa e trepidante, piena di emozioni trattenute che pure sembrano trapelare attraverso la sua carnagione, sostituisce degnamente la fragile e gagliarda Cotillard di Due giorni, una notte. Lei è un medico, che non ha aperto la porta a chi aveva bisogno del suo aiuto, di un riparo, di una difesa. Non ha aperto la propria porta nel momento fatidico, e non sa perdonarselo.
La seguiamo, con la tecnica del pedinamento tipica dei Dardenne, in un’indagine riparatrice, in cui insieme all’identità della giovane morta Jenny cerca di ricostruire la propria identità, sanare la propria integrità morale dolorosamente incrinata, guarire la propria vocazione, espressa attraverso la scelta della professione medica, di chi ha scelto di aiutare gli altri.
Se Jenny intraprende infatti una detection quasi poliziesca, mettendo tutta se stessa nella ricerca dei testimoni e alla fine dei responsabili della morte di un’innocente, dall’altra parte il suo essere medico la rende non solo una buona samaritana, ma anche l’osservatrice, l’analista di una società malata. Come già altri hanno detto, il suo stetoscopio diviene lo strumento con cui cogliere i sintomi di malessere di una società egoista e disonesta.
A costo di essere una moralista, Jenny fa di tutto per riprendersi le proprie responsabilità, per mettere gli altri di fronte alle proprie. Come sempre, nei film di Dardenne, è una questione di scelte. E, fedeli ad un cinema ottimista nella volontà e umanistico nello sguardo, loro tifano da sempre perché i loro personaggi facciano la scelta giusta. Per quanto caro possa costare.