Caso Moro, il procuratore capo di Roma chiederà gli atti.
Luigi Ciampoli intende fare chiarezza sul presunto coinvolgimento dei servizi segreti nelle fasi del sequestro del leader Dc. L’ispettore di polizia, ora in pensione, che ha fatto la rivelazione verrà ascoltato domani dai pm. Infelisi: “La dietrologia è dura a morire”.
ROMA – Sul presunto coinvolgimento dei servizi segreti nelle fasi del sequestro di Aldo Moro, il procuratore generale di Roma Luigi Ciampoli, interpellato dall’Ansa, ha detto che oggi stesso richiederà gli atti di indagine alla Procura di Roma “per le opportune valutazioni”. E domani verrà ascoltato dai pm romani Enrico Rossi, l’ispettore di polizia in pensione che ha riferito all’Ansa l’esito di una sua inchiesta in base al quale c’erano due esponenti dei servizi a bordo della moto Honda notata in via Fani durante il sequestro.
“E’ stato impropriamente fatto riferimento alla mia funzione – ha detto Ciampoli – per riportare opinioni personali di altri. Nel mio ruolo di procuratore generale di Roma, informo che oggi stesso chiederò gli atti relativi alla vicenda di cui si parla per l’esercizio di tutti i poteri attribuitimi dall’ordinamento”.
I capi Br e la moto del mistero: “Non era roba nostra”
L’ispettore Enrico Rossi ha rivelato all’Ansa che “i servizi segreti aiutarono le Br in via Fani”. E ha riferito il contenuto di una lettera scritta da uno dei due presunti passeggeri della Honda che bloccò il traffico il giorno del rapimento, il 16 marzo 1978: “Dipendevo dal colonnello del Sismi Guglielmi. Dovevamo proteggere i terroristi da disturbi di qualsiasi genere”. Nella missiva anche dettagli per risalire all’altro agente alla guida del mezzo, “ma l’indagine fu ostacolata”.
Dopo le rivelazioni di Rossi, il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e il sostituto Luca Palamara, titolari dell’ultima inchiesta sul caso Moro aperta lo scorso anno sulla base di un esposto dell’ex giudice istruttore Ferdinando Imposimato, riesamineranno il fascicolo arrivato da Torino e il primo atto sarà proprio l’audizione dell’ex ispettore.
I fatti descritti dall’ex ispettore di polizia, in particolare lo scritto anonimo del passeggero della moto, divulgato sei mesi dopo la morte, erano noti agli inquirenti capitolini dal 2012. Lo scritto era stato recapitato alla procura di Torino nel 2010 e da questa, dopo una serie di accertamenti, girato ai colleghi romani per competenza territoriale. Le indagini svolte nel capoluogo piemontese, secondo quanto si è appreso, non avrebbero sortito particolari effetti. In particolare, fu identificata la persona indicata come il conducente della moto, ma questi non risultò essere un uomo dei servizi, né implicato nel caso Moro.
Le rivelazioni di Rossi hanno riacceso il dibattito sul sequestro e l’assassinio del leader Dc da parte delle Brigate Rosse. Luciano Infelisi, nel 1978 primo inquirente a occuparsi dei fatti di via Fani, è categorico: “Sento il dovere di dichiarare, per quanto di mia conoscenza, che dalle indagini da me condotte su incarico dell’allora procuratore Giovanni De Matteo, e che si conclusero con numerosi ordini di cattura nei confronti di Gallinari, della Faranda e di altri brigatisti, non è mai emerso alcun coinvolgimento di presunti aiuti da parte dei servizi segreti alle Br che idearono ed eseguirono il rapimento di Moro e l’eccidio della sua scorta”. E ancora: “Mi domando che valore può aver avuto una lettera anonima, e perché l’ex ispettore della polizia, che non si è mai occupato del caso, abbia deciso a distanza di oltre 25 anni dall’efferato delitto, di prospettare una tesi che non ha avuto alcun riscontro. Tutte le strade investigative furono battute da me e dai colleghi che si succedettero, e mai emerse alcunché. Posso concludere che la dietrologia è veramente dura a morire, ed è di per se pericolosa perché annulla la responsabilità dei veri autori, alla ricerca di fantasmi”.
Chi continua, a distanza di tanti anni, a nutrire molti dubbi è Maria Fida Moro, figlia maggiore dello statista: “Non so se in via Fani c’erano davvero uomini dei servizi segreti – commenta – per quel che ho capito ci sarebbero delle prove. Il punto è che ogni pista è possibile e va battuta: perché dovremmo credere sempre e solo alla versione dei brigatisti?. La storia del caso Moro va tutta ancora scritta e forse ci sono altre presenze sul luogo della strage, oltre a quelle di cui si parla a proposito della moto. Non ho le prove, è un mio convincimento. Ma bisogna cercare ancora e anche per questo solo io, di tutta la mia famiglia, ho firmato per riaprire l’inchiesta. Non voglio fare guerra ai fantasmi ma richiamare le persone alla propria coscienza”
fonte: La Repubblica
http://www.repubblica.it/politica/2014/03/24/news/caso_moro_il_procuratore_capo_di_roma_chieder_gli_atti-81742153/?ref=HREC1-19