Cannabis via libera uso terapeutico, Farina SI: votiamo sì ma occasione persa

La Redazione di Sinistra Italiana

Cannabis, via libera all’uso terapeutico. Farina: votiamo sì ma è ennesima occasione persa

Arriva l’ok dell’Aula della Camera alla proposta di legge sulla coltivazione e la somministrazione della cannabis ad uso medico. I voti a favore sono stati 317, 40 i contrari, 13 gli astenuti. Il testo passa al Senato. Contro hanno votato i deputati di Fi e Lega. Direzione Italia si è astenuta.

Daniele Farina che si è dimesso per protesta da relatoreannunciando il voto favorevole di Sinistra Italiana-Possibile ha sottolineato come sia stata l’ennesima occasione persa. «Potevamo contrastare la criminalità organizzata, destinare miliardi di euro alla scuola, al riassetto del territorio, ai giovani come alle pensioni. Potevamo creare d’incanto decine di migliaia di posti di lavoro. Potevamo destinare ingenti risorse alla prevenzione, alla riduzione del danno e del rischio. Ci accontentiamo di un testo sugli usi terapeutici della cannabis reso necessario dall’ostilita’ di un ministero, quello della Salute, che molte cose avrebbe già potuto fare e non ha fatto. Il voto favorevole di Sinistra Italiana ha il rimpianto dell’occasione mancata e la speranza che questo modesto testo sia comunque utile alle migliaia di pazienti in attesa. Maggioranza schiacciante che non lascia alibi ad una rapida approvazione al Senato. Questa legislatura si chiude con una promessa, ovvero con un impegno affinché le cose mancanti si concretizzino».

La dichiarazione di voto

Presidente, dopo quattro anni e rotti di lavoro, di estenuante discussione parlamentare, quella di oggi è indubbiamente – l’hanno detto in molti – un’occasione perduta: avevamo l’opportunità di fare avanzare il Paese verso quelle esperienze concrete che vanno svolgendosi qua e là nel mondo, sempre più frequenti e diffuse, a mano a mano che si rendono evidenti gli enormi costi economico e sociali di quelle politiche che per convenzione chiamiamo proibizionismo. Discussione parlamentare, ma anche dibattito pubblico, volti ad una diversa regolazione della cannabis, del suo consumo, produzione e distribuzione, a nuovi strumenti di lotta contro la criminalità organizzata, nuovi approcci e risorse per l’informazione e la prevenzione. Queste idee, nel corso della legislatura, hanno preso forma di proposte di legge firmate da centinaia di deputati, di proposte di legge d’iniziativa popolare, affiancate da prese di posizione, atti ufficiali, iniziative di associazioni, giornalisti, financo di magistratura, in virtù, tutto questo, del disastro evidente che abbiamo attraversato e di una prospettiva nuova che si può aprire anche in Italia. Invece, al ritardo si sommerà ritardo.

Capisco quanto sia difficile superare un gigantesco dispositivo durato oltre settant’anni e denso di costanti falsificazioni scientifiche, che vanno tuttavia cadendo, colleghi, pezzo a pezzo, ma il cui eco ancora si sente forte in quest’Aula, con emendamenti e argomentazioni che fuori da qua appaiono spesso surreali: dall’erba del diavolo alla bomba chimica innescata, abbiamo ascoltato veramente di tutto. E sempre in quest’Aula la parola “legalità” è stata spesso usata come un corpo contundente. Qui siamo in presenza di un gigantesco meccanismo criminale che da decenni corrompe il Paese, veicolato da centinaia di miliardi di euro negli ultimi vent’anni, eppure il Parlamento si gira dall’altra parte, consente la prosecuzione di quel meccanismo. Per duro che potrà sembrare, è una forma di concorso esterno: lo Stato paga i costi e la mafia incassa i proventi. Questo succede ogni anno e succederà anche il prossimo. È evidente che serve una nuova legalità che colmi il disastro della precedente. Come è evidente, sarebbe l’effetto immediato nei nostri quartieri, nelle nostre periferie, a contrasto del degrado e a favore di sicurezza e convivenza. L’Istat ci ha certificato il valore di questa proposta in termini quantitativi, che investe solo alcune delle questioni, ma quei 13 miliardi all’anno di cui si appropria la criminalità organizzata a mezzo del traffico di stupefacenti, in buona parte cannabis e derivati, sono un’ipoteca sul Paese, ma sono anche il motore di possibili trasformazioni. Noi abbiamo immaginato un meccanismo virtuoso in cui libertà personale – la famosa liceità della coltivazione per uso personale – e la regolazione dello Stato convivessero. Bene, colleghi, non si fa né l’una nell’altra: si preferisce lasciare le cose come stanno. Abbiamo cercato di mettere a disposizione del Paese 7 miliardi all’anno per la scuola, il territorio, il lavoro, la ricerca, la prevenzione, voi avete faticato a trovare qualche 100.000 euro per garantire il diritto alla salute per decine di migliaia di cittadini, 67.000, in questo momento.

Cosa resta qua dentro, nel testo, di tutto ciò? Che dieci anni dopo il “decreto Turco” si prova a sistematizzare l’ovvio e l’esistente, si prova a uniformare le legislazioni regionali, a programmare il fabbisogno nazionale, la formazione del personale medico e a promuovere la ricerca. Mi permetto, però, di osservare che molte di queste cose già potevano essere fatte ma non sono accadute o, anche, in alcune regioni sì e in altre no, a testimonianza della mancanza di volontà politica, anzi di una sorda resistenza, se vogliamo dircelo sinceramente. È stato asserito, con incrollabile certezza, che la pianta non è il farmaco, ma allo stato delle nostre conoscenze è vero esattamente il contrario: la pianta è il farmaco e basta andare fisicamente nelle nostre farmacie quando vengono rifornite. Ci siamo astenuti su tutti gli articoli, ci siamo visti respingere tutti gli emendamenti. Il nostro voto sarebbe scontato, ma noi voteremo un principio, quello per cui, soprattutto nel testo completo, cioè quello di un anno e mezzo fa, per la prima volta la cannabis è entrata in Parlamento non dalla porta dell’inferno ma dalla porta della speranza, che le è propria. Il nostro sarà un voto favorevole che dimostra come ci sarebbero stati i termini, in questa legislatura, anche per soluzioni più avanzate che, tuttavia, la cattiva politica non ha voluto percorrere. Un voto tecnico come tecnica è quella fiducia che vi abbiamo garantito sullo ius soli se il Governo si decidesse a porla. A questo punto io non credo ci siano più alibi per non ripetere questa discussione al Senato della Repubblica e approvare almeno questo.

fonte: Sinistra Italiana

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