Bologna: un referendum significativo

referendumDopo quattro mesi di raccolta firme il riscontro della cittadinanza è stato impressionante: a fronte delle 9000 firme necessarie ad indire il referendum, il Comitato ne ha raccolte 13.500. A distanza di 11 mesi, la loro battaglia in favore della scuola pubblica è arrivata oggi ad un punto di svolta: domenica 26 maggio, infatti, i bolognesi saranno chiamati ad esprimersi sulle modalità di finanziamento comunale in materia di istruzione.
Il quesito referendario recita così:
Quale fra le seguenti proposte di utilizzo delle risorse finanziarie comunali che vengono erogate secondo il vigente sistema delle convenzioni con le scuola d’infanzia paritarie a gestione privata ritieni più idonea per assicurare il diritto all’istruzione delle bambine e dei bambini che domandano di accedere alla scuola d’infanzia?
a) utilizzarle per le scuole comunali e statali
b) utilizzarle per le scuole paritarie private
La scelta è secca, quesito A o quesito B. Per questo motivo, il referendum ha aperto un ampio dibattito che ne ha inevitabilmente allargato i confini, trasformandolo in un argomento di interesse nazionale che, in un momento di confronto tra istanze tra loro contraddittorie, rispecchia le caratteristiche del nostro Paese e i disagi in cui versa la sinistra italiana. A Bologna infatti, PD e Sel si trovano sui due lati opposti della barricata: il PD del sindaco Merola, insieme a PDL, Lega e il Cardinal Angelo Bagnasco in rappresentanza della Curia, voteranno in maniera compatta il quesito B mentre Sel ha fatto fronte comune con Movimento 5 Stelle, FIOM e Rifondazione Comunista andando ad allargare il variegato fronte della A.
D’altro canto, l’argomento è divisivo, per usare un aggettivo particolarmente in voga negli ultimi tempi.
Il fronte del quesito B rivendica la possibilità da parte di enti privati di istituire proprie strutture scolastiche che servano la causa della scuola pubblica, accolgano cioè tutti i bambini esclusi dalle scuole statali. Francesca Puglisi, la responsabile nazionale per l’istruzione del Partito Democratico e capogruppo Pd alla Commissione istruzione del Senato, ha rivendicato l’attuale allocazione di fondi, in linea con il quesito B del referendum. Nel comune di Bologna infatti, il 60% degli istituti scolastici è comunale mentre solamente il 23% è di natura paritaria e privata quindi l’attuale commistione di pubblico e privato garantirebbe, a detta sua, la migliore soluzione possibile ad un problema che non riguarda solamente Bologna, ma attiene al magro contributo statale che i comuni percepiscono in materia di istruzione.
Anche il fondatore dell’Ulivo Romano Prodi si è pronunciato in favore del quesito B, ritenendola l’unica opzione di “buon senso”. L’attuale legge che prevede la partecipazione di pubblico e privato sarebbe riuscita ad allargare, sebbene di poco, il numero di iscritti alla scuola di infanzia.
Di parere completamente opposto sono Sel, i Verdi, il Movimento 5 Stelle, Rifondazione Comunista e i Comunisti italiani, che sostengono a gran voce il quesito A. Anche il cantautore Francesco Guccini e l’attore Ascanio Celestini si sono detti a favore di una scuola pubblica, laica ed inclusiva.
I sostenitori del quesito A rigettano le accuse che negli ultimi mesi sono state mosse ai referendari, una fra tutte quella di voler spendere 483.000 preziosi euro per le consultazioni. Il Comitato art.33 aveva infatti proposto al comune di Bologna di accorpare il referendum consultivo alle elezioni politiche del 24 e 25 febbraio scorso, ragionevole richiesta rimasta però inascoltata. Secondo i supporters del quesito B, il referendum non fa altro che ampliare dissidi atavici e alzare barricate in un momento di malriuscita concertazione nazionale. A tal proposito, è bene ricordare che il referendum consultivo non ha il potere di eliminare una normativa vigente ma di innescare un cuneo tra differenti concezioni della cosa pubblica, aprendo il tavolo delle trattative in vista di una soluzione più vicina alle sensibilità di tutti. Le istanze portate avanti dal fronte della A sono completamente in linea con quanto previsto della nostra Costituzione che, all’art. 33, non esclude la possibilità da parte di enti privati di istituire strutture educative benché tali oneri non gravino sulle casse dello Stato.
Succede molto spesso, inoltre, che un genitore, vedendo il proprio figlio escluso dalla scuola pubblica a causa della carenza di posti disponibili, si rivolga ad un istituto privato. Tale alternativa non rappresenta una libera scelta, bensì una necessità alla quale probabilmente rinuncerebbe se potesse affidare l’educazione del proprio figlio ad una struttura comunale e laica.
Non è necessario attendere il responso dalle urne, il referendum ha già creato un precedente. I referendari, in questi mesi, hanno conquistato la fiducia di moltissimi cittadini bolognesi, i quali hanno scelto di ascoltarli diventando a loro volta promotori del progetto, attraverso la loro firma.
È grazie a loro se domenica si celebrerà un grande momento di partecipazione popolare, di riappropriazione della cosa pubblica, di interesse nei confronti del disagio dell’altro senza nessun altro interesse se non quello, appunto, di partecipare.
da www.caffènews.it