“Bocca di Rosa”, ragazza rumena, non si è arresa: «Ho tutto il diritto di lavorare dove mi pare e piace», e ha presentato ricorso al Tar contro il Ministero dell’Interno e la Questura di Treviso. Tre giorni fa, il 17 dicembre, il Tar del Veneto ha accolto il ricorso di Aureliana annullando il foglio di via: «il provvedimento impugnato non dà conto delle particolari circostanze che potrebbero far qualificare l’attività di svolgimento della prostituzione come pericolosa per la pubblica sicurezza e la pubblica moralità, limitandosi ad affermazioni generali e non circostanziate».
La prova di forza non è servita: ai sindaci restano solo le ordinanze anti prostituzione, i cartelli, l’invettiva delle comari di qualche paesino.
Il questore di Treviso dovrebbe essere chiamato lui a rifondere alla ricorrente le spese di giudizio (800 euro più oneri di legge), con l’intimazione di smetterla di romperle i coglioni.