Berlino affonda il Ttip: «Fallito»

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Trattati. Il ministro dell’economia Gabriel: «Non possiamo accettare in modo supino le richieste Usa»

Monica Di Sisto

Il negoziato di liberalizzazione del commercio e dei servizi tra Europa e Stati uniti Ttip è «di fatto fallito perché noi europei non possiamo accettare supinamente le richiesta americane»: la dichiarazione choc è del ministro dell’economia tedesco Sigmar Gabriel al canale Zdf e conferma nero su bianco quello che da quasi tre anni ormai sostengono sindacati, piccoli e medi produttori, associazioni e cittadini di tutta Europa. La proposta di azzeramento per via commerciale delle attuali modalità di partecipazione – più o meno democratiche – dei cittadini europei e dei loro eletti alla costruzione delle regole per produrre e distribuire prodotti e servizi, è molto coerente con l’architettura istituzionale corporativa statunitense, molto meno con quel che resta dell’idea di Europa dei diritti e delle comunità che ancora sulla carta ci tiene insieme.

Non è la prima né sarà l’ultima volta che un leader europeo affermerà che il Ttip è defunto fino a che il trattato non riposerà in pace. Purtroppo non è ancora così, e ciò che è più grave è che con questo annuncio Gabriel sta tentando di spingere la maggioranza del suo partito, l’Spd, ormai scettico sulla portata e il vantaggio della Germania nei trattati di libero scambio che l’Europa sta negoziando, a portare a casa in cambio del moribondo Ttip, il Ceta: l’accordo analogo tra Europa e Canada, chiuso nel settembre 2014 e in attesa da allora che il Parlamento Ue lo ratifichi.

Il Ceta è del tutto simile al Ttip in quando a potenziali pericoli. Include la parte più controversa del Ttip, l’Investment Court System (Ics): l’inedito sistema di giudizio sugli investimenti che dà alle grandi imprese la facoltà di fare causa ai governi che legiferassero contro i loro interessi, aprendo loro uno specifico tribunale corporativo. I servizi pubblici saranno particolarmente vulnerabili all’attacco corporativo perché il Ceta blocca i mercati delle due parti agli attuali livelli di liberalizzazione, rendendo difficile per i governi futuri impedire alle aziende canadesi di fornire servizi pubblici nei Paesi dell’Ue e, soprattutto, rendendo di fatto impossibile la loro ripubblicizzazione.

Poiché molte corporation americane, tra le quali Walmart, Chevron, Coca Cola e Monsanto, hanno controllate canadesi, il Ceta potrebbe permettere loro di operare nei mercati dell’Ue in condizioni più favorevoli rispetto anche alle nostre imprese pure in assenza del Ttip. Per la prima volta si ridurrebbe oltreoceano la protezione dei prodotti agroalimentari europei Doc e Dop a una lista di poco più di 100 prodotti rispetto alle circa 2mila tipicità tutelate dall’Ue, permettendo inoltre a chi ha copiati fino ad oggi in Canada il centinaio di prodotti che da oggi verrebbero riconosciuti, di continuare a farlo.

È molto probabile, infine, che il Ceta venga provvisoriamente implementato prima che i parlamenti nazionali possano esaminarlo, cioè potrebbe entrare in vigore in larga parte nel 2017, qualora venisse approvato dal Parlamento europeo. Ma chi veramente tra i parlamentari europei avrà letto tutte e 1.500 le pagine del trattato per farsene un’idea propria, e non si unirà, come al solito, alla propaganda che strombazza che con l’approvazione del Ceta il Pil dell’Unione, con la rimozione del 99% delle barriere commerciali attualmente in vigore, tirerà un sospiro di sollievo di un paradossale +0,09% l’anno dopo sette anni dalla sua entrata in vigore?

Con una lettera congiunta le campagne StopTtip hanno chiesto ai presidenti dei gruppi del Parlamento Ue di mettere in piedi un processo di riesame del Ceta con tanto di pareri delle commissioni e nuova risoluzione, alla luce del fallimento del Ttip, ma sono ancora in attesa di risposta.

Se i capi di stato dei 27 Governi europei si riuniranno in Consiglio il 16 settembre per discutere il futuro dell’Europa dopo Brexit, il 17 ci saranno mobilitazioni in tutta la Germania e in Austria contro Ttip e Ceta mentre il 20 sarà la volta di Bruxelles. L’obiettivo è mettere sotto pressione i ministri al commercio europei che il 22 e 23 settembre a Bratislava, in un Consiglio informale, decideranno se spingere per l’approvazione del Ceta e se gli arriverà un forte segnale di dissenso potrebbero parcheggiare il pericoloso esperimento. Il primo appuntamento italiano è il 5 settembre a Gonzaga, in provincia di Mantova, dove alla più antica fiera agricola d’Italia arriverà il maxi Cavallo di Troia simbolo delle più recenti battaglie antiTtip in tutta Europa e si lanceranno le iniziative nazionali per archiviare questa brutta pagina dell’economia globale.

*vicepresidente Fairwatch, portavoce della Campagna StopTTIP Italia

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fonte: Il Manifesto