Quando si dice che i magistrati sono di parte e tutti di sinistra. Affermazione che a quanto pare non trova “l’onere della prova” nella sentenza di oggi pomeriggio, ovvero assoluzione, emessa dai giudici sul caso Virginia Raggi; procedimento che metteva in discussione la trasparenza dell’operato della sindaca di Roma, accusata di falso in atto pubblico. Sono più di due gli anni di mandato della sindaca nella nostra Capitale, città che ancora non presenta però miglioramenti rispetto alla situazione ereditata dalla rappresentante del M5s, dopo i mandati di Gianni Alemanno dal 2008 al 2013, Ignazio Marino dal 2013 al 2015 e del commissariato di Francesco Paolo Tronca, dal 2015 al 2016. Raggi, oltre alla condanna, rischiava anche di essere radiata dai pentastellati, in base al loro codice etico cosa che, per stessa ammissione di Raggi, non è mai stata messa in pratica nella storia del partito. Ha infatti affermato la sindaca: «negli atti normativi del movimento nella prassi applicativa l’espulsione non è mai stata applicata, sia Nogarin che Pizzarotti, indagati, non furono espulsi. Pizzarotti fu sospeso perché omise di comunicare che era stato iscritto nel registro». Senza ovviamente mettere in discussione la decisione del giudice, che assolve in primo grado, riportiamo l’articolo del “Messaggero”, che descrive i passaggi più importanti di un processo che dura da un paio d’anni, ovvero da quando la sindaca amministra la Capitale, un ottimo inizio quindi. Ora starà all’accusa, che attende le motivazioni dell’assoluzione emessa dal giudice, decidere se procedere nuovamente in giudizio.
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Virginia Raggi assolta nel processo per la nomina di Renato Marra alla direzione Turismo del Campidoglio. La Procura aveva chiesto una condanna a 10 mesi di reclusione, ma i giudici hanno invece stabilito che «il fatto non sussiste», così come sostenuto dalla difesa del sindaco nella sua arringa.Secondo la Procura, nella comunicazione alla rappresentante dell’Anticorruzione in Campidoglio, Maria Rosa Turchi, in merito ai rilievi Anac sulla nomina di Marra senior, Raggi «mentì» perché se avesse detto che quella promozione era stata gestita dal fratello Raffaele, sarebbe incorsa in un’inchiesta e «in base al codice etico allora vigente negli M5S, avrebbe dovuto dimettersi». Una interpretazione, però, respinta dalla stessa sindaca che, in una dichiarazione spontanea, ha precisato che «negli atti normativi del movimento nella prassi applicativa l’espulsione non è mai stata applicata, sia Nogarin che Pizzarotti, indagati, non furono espulsi. Pizzarotti fu sospeso perché omise di comunicare che era stato iscritto nel registro». Il vicepremier, Luigi Di Maio, dal canto suo, sollecitato dai giornalisti a rispondere sul processo a Virginia Raggi si è limitato a richiamare le regole del movimento: «io non conosco l’esito del processo ma il nostro codice di comportamento parla chiaro e lo conoscete». Nel corso della requisitoria i pm si sono lungamente soffermati sulla figura di Marra. «Non era come gli altri 25 mila dipendenti comunali» e «andava protetto perché era ‘uomo-macchinà e fondamentale per la nuova amministrazione perché a conoscenza di tutte le difficoltà», ha sostenuto l’accusa. In altri termini «senza di lui non si poteva andare avanti». Per quanto riguarda la Raggi, invece, «ci sono elementi chiari, univoci e concordanti per sostenere che fosse assolutamente consapevole del ruolo in concreto svolto da Marra nella nomina del fratello: non era un ruolo compilativo o di chi ha meramente eseguito in modo pedissequo quanto deciso dalla sindaca». L’udienza si era aperta con l’audizione dell’ex capo di gabinetto, Carla Raineri, dalle cui denunce è nato anche il procedimento sulla Raggi. Il magistrato, dimessosi il primo settembre del 2016, ha descritto come primario il ruolo di Marra nell’amministrazione. «Era il consigliere privilegiato del sindaco», ha detto Raineri. Lui e Romeo, quest’ultimo ex capo della segreteria politica di Raggi «si comportavano in maniera autoreferenziale e arrogante, Marra almeno manteneva sempre un bon ton istituzionale, mentre Romeo era arrogante e maleducato».E ancora: «stavano in tre in una stanza a porte chiuse, per riunioni inaccessibili a tutti se non all’allora vice sindaco Daniele Frongia. Marra aveva un fortissimo ascendente sulla sindaca. Erano stati coniati vari epiteti per Marra, eminenza grigia, Richelieu, sottolineando la debolezza della sindaca come quella della zarina ai tempi di Rasputin». Una ricostruzione definita dalla Raggi come surreale. «In questo processo si parla di un mio presunto falso e per quattro ore abbiamo ascoltato parole simili a gossip. Non ho mai risposto alle interviste rilasciate, a volte mordendomi la lingua, per le cose palesemente false affermate», ha detto la sindaca davanti al giudice monocratico.
Fonte:https://www.ilmessaggero.it/roma/campidoglio/raggi_diretta_condannata_assolta_sentenza_processo_10_novembre_2018-4098153.html. Di Simone Canettieri, Michela Allegri e Sara Menafra