Sull’articolo 18 il Ministro Alfano fa un atto di esorcismo. Dopo aver contribuito negli anni con Maroni, Sacconi, Fornero e ora Poletti, a ridurre le tutele e a depotenziare lo statuto dei lavoratori adesso ne chiede a Renzi lo scalpo finale: l’art. 18.
Come ci dicono ogni giorno i dati di un paese in ginocchio e senza futuro per rispondere alla crisi e creare posti di lavoro sono invece necessari grandi investimenti pubblici per mettere in sicurezza il territorio, per investire in formazione e ricerca, così si creerebbe lavoro.
Siamo alle solite, il Governo in questo paese non si interroga più su come si creano i posti di lavoro, ma su come si tolgono diritti e tutele.
Si vede che i “diversamente berlusconiani” sono in debito di ossigeno nell’epoca del renzismo straripante. Così, come un vecchio cantante che sta per calcare le scene dell’ultimo concerto, il Ministro siculo-kazako Angelino Alfano tira fuori uno dei suoi cavalli di battaglia migliori: l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori. La destra di questo paese proprio non ce la fa ad accettare che il diritto – già fortemente ridimensionato dalla Riforma Fornero – a non essere licenziati dal posto di lavoro senza giusta causa esista ancora nel nostro paese. Abbiamo una classe dirigente che anziché porsi il problema di creare occupazione, si ingegna nel trovare i meccanismi migliori per introdurre la libertà assoluta di licenziamento. Mi auguro che Matteo Renzi non scelga lo stesso terreno in nome della rottamazione di tutto.