Articolo 18, ecco lo scalpo

mio commento: mi viene da dire che per azzerare i diritti dei Lavoratori è bastato un governo chiaramente non legittimato dal voto dei cittadini! Mi sembra proprio troppo, dover assistere a cotanta demagogia che, alla maggioranza dei cittadini, passa quasi inosservata! Mi piange il cuore vedere come un partito, il pd, che dovrebbe rappresentare appunto i Lavoratori fa esattamente il contrario di ciò che ci si può aspettare. Oltretutto, nonostante una maggioranza ampia creatasi trasversalmente, questo stesso governo ricorre alla fiducia per cancellare un articolo importantissimo, il 18, dello Statuto dei Lavoratori ottenuto con lotte durate decenni! Tutto ciò a me pare vergognoso e a voi? Mario Piromallo

di Massimo Franchi, 7.10.2014

Jobs act. Il premier asfalta i sindacati e ricompatta i padroni: con la delega modificherà il reintegro a suo piacimento. Oggi a Milano con Merkel e Hollande festeggerà. Katainen permettendo

Lo «scalpo» lo ha otte­nuto senza pro­blemi. E oggi lo mostrerà orgo­glioso all’Europa intera. Se Mat­teo Renzi una set­ti­mana fa poteva dire legit­ti­ma­mente di aver «spia­nato» la mino­ranza Pd alla Dire­zione del par­tito, ieri all’ora di pranzo il pre­mier aveva la fac­cia felice di chi ha asfal­tato in un colpo solo i sin­da­cati — tranne la Cgil — e ogni opposizione.

L’esito della fidu­cia al Senato è scon­tato e al ver­tice euro­peo sul lavoro di Milano quindi il pre­si­dente del con­si­glio arri­verà con l’approvazione di una delega pra­ti­ca­mente in bianco sull’articolo 18 a fronte di qual­che pic­cola con­ces­sione su deman­sio­na­mento, legge sulla rap­pre­sen­tanza e Tfr fatta appo­sta per divi­dere i sin­da­cati e ricom­pat­tare le parti datoriali.

Ieri la modi­fica dell’articolo 18 ha avuto una nuova spie­ga­zione. Che parte da una con­sta­ta­zione ovvia ma non scon­tata — almeno per Renzi — : «So anch’io che da sola non crea lavoro, ma serve per dare cer­tezze alle imprese, per creare il giu­sto busi­ness con­text che con­sente loro di tor­nare ad inve­stire e a creare lavoro».

Così moti­vata la modi­fica della disci­plina per il rei­te­gro in caso di licen­zia­mento senza giu­sta causa rimarrà un mistero fino ai primi mesi del 2015: per «chia­rire le fat­ti­spe­cie» biso­gna «avere la pazienza di atten­dere il decreto legi­sla­tivo», ha spie­gato Renzi, lasciando al mini­stro del lavoro Giu­liano Poletti l’ingrato com­pito di spie­gare «le spe­ci­fi­che in aula».

Non fa infatti asso­lu­ta­mente parte dell’emendamento del governo sulla delega su cui il governo met­terà la fidu­cia men­tre — ha spe­cifi­cato il pre­si­dente del con­si­glio — «la disci­plina del licen­zia­mento disci­pli­nare sta­bi­lita dal docu­mento della dire­zione Pd sarà resa pun­tuale nel decreto legi­sla­tivo». Mani com­ple­ta­mente libere dun­que, tanto che qual­cuno ini­zia a soste­nere che l’ambiguità è neces­sa­ria per­ché il pre­mier punta a togliere l’articolo 18 non solo ai nuovi con­tratti a tutele cre­scenti, ma a tutti i lavoratori.

Un qua­dro per lui idil­liaco che lo porta a dirsi «par­ti­co­lar­mente sod­di­sfatto» della mat­ti­nata «a pieno regime della sala Verde». Un Renzi che quindi può per­fino mostrarsi umile — «ascol­tiamo e impa­riamo cose da tutti» — per­ché tanto è sicuro che «si va avanti senza veti» sul suo modello che «non è la That­cher, bensì la sini­stra della Terza via di Blair o il Barack Obama di oggi».

La novità più grande rispetto ai giorni pre­ce­denti è però l’apertura — se non il via libera — di Con­fin­du­stria e Rete Imprese al Tfr in busta paga. Se la con­tra­rietà era dovuta al fatto che quei soldi erano l’unica liqui­dità rima­sta, spe­cie per le pic­cole imprese, il governo ha quie­tato le cri­ti­che annun­ciando che «lo faremo se pic­cole e medie imprese saranno garan­tite dai sistemi ban­cari» e dalla Cassa depo­siti e prestiti.

Il silen­zio di Squinzi lungo tutta la gior­nata è più elo­quente di qual­siasi parola. Con­fin­du­stria e il resto delle orga­niz­za­zioni dato­riali hanno vinto su tutta la linea, arti­colo 18 in pri­mis. L’Alleanza delle coo­pe­ra­tive invece gon­gola per l’introduzione del sala­rio minimo: «A noi serve per com­bat­tere il dum­ping delle false coop», spiega il neo pre­si­dente di Lega­coop e dell’Alleanza delle coo­pe­ra­tive, Mauro Lusetti. La con­ces­sione sul deman­sio­na­mento — al lavo­ra­tore non verrà toc­cato il sala­rio — viene defi­nita «un falso pro­blema: l’importante è ristrut­tu­rare e spo­stare i lavoratori».

Sul fronte euro­peo ieri però non è andato tutto liscio. Se fonti del governo di Ber­lino in mat­ti­nata hanno lodato il Jobs act, oggi la con­fe­renza stampa Renzi, Hol­lande, Mer­kel dovrà fare i conti con le parole del custode dell’austerità: il com­mis­sa­rio fin­lan­dese Jyrki Katai­nen. Durante l’audizione davanti al par­la­mento Euro­peo il dogma è stato riba­dito: «Nei Paesi non c’è spa­zio di mano­vra per nuovo defi­cit e debito». E ancora: «Dob­biamo trat­tare tutti i Paesi nello stesso modo», annun­ciando che sarà lui — su delega dello stesso Junc­ker — a pre­pa­rare «una inter­pre­ta­zione comune della flessibilità».

fonte: il Manifesto
http://ilmanifesto.info/articolo-18-ecco-lo-scalpo/