Area ex Falck: problema sestese?

untitledNelle settimane scorse la stampa ha informato che il Ministero dell’Ambiente ha dato precise prescrizioni per la bonifica dei terreni su cui fino a circa 20 anni fa la Falck di Sesto San Giovanni produceva acciaio. Prescrizioni che richiederebbero investimenti per diverse centinaia di milioni di euro (una cifra che i meglio informati stimano come non lontana da 500 milioni di euro, cioè circa mille miliardi delle vecchie lire).
Si tratterebbe di un investimento mirato all’eliminazione di una situazione di rischio per la salute collettiva che trova pochi precedenti nella storia della nostra Repubblica e ricorda per certi versi le opere con cui nei secoli scorsi si bonificarono i terreni paludosi sconfiggendo la malaria.
L’attuale proprietà di questi terreni ha dato riscontro alle prescrizioni ministeriali con osservazioni mirate a contenere i costi della bonifica, costi che, comunque, gli esperti dicono che ammonterebbero sempre ad alcune centinaia di milioni di euro. Significativo il fatto che le prescrizioni mirate ai terreni su cui sorgerà la Città della salute non sono state contestate dalla proprietà che, stante la Convenzione sottoscritta con Regione e Comune sosterrà integralmente i costi di bonifica pur avendo ceduto la proprietà al comune di Sesto.
Venerdì 31 maggio la stampa ha riportato l’opinione del Vice Presidente della Regione nonché Assessore alla partita Mantovani, secondo cui le bonifiche sarebbero un ostacolo tale da fare rinunciare all’edificazione della città della salute su questi terreni.
Notizie difficili da coniugare in un ragionamento logico: il Ministero dell’Ambiente pone in capo al progetto della città della salute l’obiettivo di avviare una bonifica di interesse nazionale. L’ex proprietà sottoscrive con la Regione il gravoso impegno a pagarne integralmente i costi. Si profilerebbe una condizione virtuosa in cui un progetto sanitario eliminerebbe un rischio sanitario già per mezzo della sua realizzazione. L’assessore alla Sanità della Regione propone di affossare il progetto, proprio per questioni legate alla bonifica.
Mantovani rileva problemi legati alla tempistica di questi lavori, che difficilmente riusciranno ad onorare la scadenza del gennaio 2014 previsto dagli Accordi, ma si guarda bene dal proporre un progetto alternativo alla Città della salute capace di ultimare la bonifica in tempi ancora più rapidi. Se aggiungiamo poi che stiamo parlando di una scelta già assunta e che ha avviato le complicate e costose procedure di progetto ed assegnazione dei lavori diventa veramente difficile trovare una logica nelle dichiarazioni dell’assessore.
Se fossimo un paese serio sarebbe il governo nazionale a far camminare tutte le istituzioni nella stessa direzione, dato che esso non può certo permettere che al rischio alla salute evidenziato dal suo dicastero dell’Ambiente si aggiungano i rischi ambientali e sociali che inevitabilmente accompagnerebbero un ulteriore prosieguo dello stato di abbandono e fatiscenza di questi terreni, nonché il rischio di spreco di territorio che accompagnerebbe ogni scelta di nuova edificazione che alle aree dismesse preferisse terreni di nuova urbanizzazione.
Il Governo dovrebbe consigliare una migliore collaborazione ed intesa tra i suoi dicasteri, tanto più che nell’era di internet tutti noi possiamo leggere approfonditi ed autorevoli studi epidemiologici riconosciuti dal Ministero della Sanità (vedere i siti “Sentieri”, “Epidemiologia e Prevenzione”, “Salute internazionale” ecc.) che proprio rispetto all’area ex Falck di Sesto accertano una situazione di pericolo fortunatamente molto meno drammatica di quanto temuto. Una collaborazione potrebbe permettere di calibrare meglio la bonifica rendendola più facilmente realizzabile e quindi accorciando i tempi di attuazione.
Il coordinamento dovrebbe avvenire anche con il dicastero del Tesoro, che potrebbe chiedere a BankItalia la valutazione dell’operato degli Istituti di credito che in questi ultimi anni hanno finanziato ben tre diverse operazioni di compravendita a valori progressivamente maggiori e sempre più “fuori mercato”, se rapportati agli enormi ed allora già noti costi di bonifica, urbanizzazione, servizi, opere pubbliche e vincoli ambientali (parco centrale), progetti, manutenzione ecc.; un intervento che ovviamente non potrebbe rimediare alle scelte del passato ma potrebbe consigliare comportamenti più adeguati alla “difficile realtà” e maggiormente consoni alla necessità di porsi obiettivi realistici di “moderazione del danno”.
Anche l’Unione Europea, che sul concetto di sviluppo sostenibile ha deciso di valutare i progetti di riconversione economica, dovrebbe interessarsi ad una vicenda che riguarda la più vasta area industriale dismesse del continente, sita a pochi chilometri dalla Piazza del Duomo di Milano, insomma dal centro di una delle maggiori aree metropolitane d’Europa.
Angelo Gerosa
PS: in tempi non sospetti intervenni più volte in Consiglio Comunale per dichiarare grande preoccupazione in merito al, secondo me, ingiustificato, gonfiarsi a dismisura del valore di compravendita di queste aree. La cronaca di questi ultimi anni, temo paia darmi ragione.