Ecco perché la 194 non funziona più
Dopo il caso di Roma, viaggio negli ospedali, fra medici oberati e obiettori in crescita. Con le testimonianze dei cittadini . L’infermiera: “Costrette ad abortire insieme alle partorienti”
Al centro oggi come ieri c’è una battaglia sul corpo delle donne. In Italia, ma anche in Europa, nel vento di retroguardia che vuole ridimensionare la libertà femminile, l’autodeterminazione femminile, quell’autonomia di scelta, a volte anche così dolorosa, che sembra fare più paura di ogni diritto acquisito. C’è questo e molto altro dietro la nuova campagna contro la nostra legge sull’aborto, di fatto ancora una legge dello Stato, ma in realtà erosa da oltre vent’anni di boicottaggi, obiezioni e malasanità. Con il paradosso che quella che oggi si vuole demolire è stata invece una buona legge, straordinaria per certi versi, che ha portato a una decrescita di oltre il cinquanta per cento il numero degli aborti, e ci ha classificato agli ultimi posti in Europa nella statistica delle interruzioni volontarie di gravidanza. Perché le donne italiane (e anche molte immigrate) hanno imparato a non abortire, sanno quando e come pianificare una maternità, anzi il grande rimpianto delle ragazze di oggi assediate da incertezze e precariato è proprio quello di non poter affrontare una maternità. Ma l’aborto c’è, esiste, può accadere. E c’è anche il dramma dell’aborto terapeutico, quella scelta dolorosissima che una madre e un padre a volte fanno di fronte alla diagnosi di figli affetti da malattie senza speranza. Decisioni verso le quali l’unica risposta dovrebbe essere il rispetto, e un accompagnamento sanitario dignitoso ed efficace. Una compassione laica, che non vuol dire astensione dal pubblico servizio come invece fanno migliaia di obiettori di coscienza, ma un cammino insieme.
Per circa quindici anni la legge 194 ha garantito tutto questo. Poi negli ospedali è iniziato lo smantellamento. Il numero degli obiettori è aumentato a dismisura, ponendo forti interrogativi sulle reali motivazioni di queste scelte, quanto etiche o religiose, quanto di carriera. Di riflesso il lavoro dei medici che applicano la legge 194 è diventato sempre più duro: costretti a fare soltanto aborti, penalizzati nella professione, isolati. Tanti quelli che non ce l’hanno fatta e hanno obiettato, come unica via d’uscita. I direttori sanitari però, invece di riorganizzare i servizi, di contingentare o sostituire gli obiettori, hanno girato la testa dall’altra parte, violando una legge dello Stato. Oggi restano storie tremende di giovani abbandonate a se stesse, di aborti terapeutici effettuati in condizioni sub umane. E così è tornato a fiorire l’orrendo business delle interruzioni clandestine, non più cucchiai d’oro ma pillole abortive. Lo scenario ci riporta agli anni Settanta, quando ancora le legge non c’era: solitudine, soldi e donne che muoiono. Accade, ma non se ne parla.
di MARIA NOVELLA DE LUCA
fonte: La Repubblica
http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2014/03/12/news/aborto_la_legge_negata-80817619/?ref=HREC1-28