Beppe Grillo ha perso un’ottima occasione per riflettere, e farci riflettere, sulla cause della sconfitta del M5S alle ultime elezioni amministrative. Capire dove e perché si è sbagliato sarebbe servito a tutti, ma soprattutto a lui e al suo movimento, per individuare gli errori fatti e non commetterli di nuovo. E quindi per mettersi in grado di riprendere il proprio progetto politico più attrezzati e dunque in prospettiva più forti. Mai come in questo caso è vero il detto che in ogni sconfitta ci sono i semi delle future vittorie.
E invece no, ed è un vero peccato, dato che l’eventuale sconfitta definitiva del M5S e di conseguenza la sua presenza residuale nel quadro politico italiano sarebbe un danno per la democrazia.
Nel suo commento alle elezioni amministrative, Grillo concede che il M5S abbia “commesso errori, chissà quanti” ma non ne individua neanche uno, e subito passa a dire che la colpa dei voti in meno che ha preso è di quegli italiani che non l’hanno votato o non lo hanno più votato (Incredibile! Leggere sul suo blog per credere). Una tautologia, cioè un’affermazione che non dice niente, una spiegazione che non spiega. Come dire che ho vinto una gara di atletica perché gli altri concorrenti hanno perso.
E chi sono gli italiani che non hanno votato, o non hanno più votato, per il M5S? Eccoli: “chi vive di politica, 500.000 persone, chi ha la sicurezza di uno stipendio pubblico, 4 milioni di persone, i pensionati, 19 milioni di persone”. In tutto circa 23/24 milioni di persone – brutti bastardi! – interessati allo “status quo”, cioè – se le parole hanno un senso – attaccati ai loro privilegi.
Questa la brillante analisi sociologica del “megafono del movimento”. Non sfiora il pensiero di Grillo il fatto che nel pubblico impiego – infermieri o insegnanti, ad esempio – ci sia una quota crescente di lavoro precario sottopagato, o che gli assegni di gran parte dei pensionati siano di pura sopravvivenza. E siccome tutti costoro sono attaccati ai loro privilegi (in quanto “interessati allo status quo”), se ne deduce – anche se Grillo non lo dice apertamente – che continueranno a votare per l’odiato sistema dei partiti. E allora non si capisce come il M5S potrà entro la fine dell’anno superare il 50% dei consensi come più volte annunciato.
A meno di non sperare in licenziamenti di massa nel pubblico impiego e in un ulteriore drastico taglio delle pensioni. Una cura alla greca, tanto per intenderci. Ma non si preoccupi Grillo. Il governo dell’ammucchiata ci sta già pensando.
Bruno Carchedi