di Angelo Gerosa.
Ottime notizie dalle elezioni comunali tenutesi ieri in Turchia: il partito di opposizione CHP ha vinto nettamente, sia nella capitale Ankara che nella ricca Smirne e, seppur per pochissimi voti addirittura anche nell’immensa Instanbul, la metropoli dove 25 anni fa Erdogan, da sindaco, avviò la sua carriera politica.
Molto bene anche per il partito della sinistra, HPD, che ha rieletto i propri sindaci in tutti i comuni del Kurdistan ove nei mesi scorsi erano stati destituiti (e spesso anche incarcerati).
E’ troppo presto per dichiarare che il potere di Erdogan possa considerarsi in crisi, in quanto il mix tra populismo e repressione, pare garantirgli ancora la maggioranza dei consensi nel paese.
Un potere fondato su leggi liberticide e sull’incarceramento degli oppositori e, anche dei giornalisti, degli insegnanti e dei giudici che non si allineano con il governo.
La reazione a caldo del “Sultano” alle inaspettate notizie della sua mancata vittoria ad Istanbul è stata la minaccia di un ricorso ai giudici per verificare la validità del voto.
Un assurdità considerato che non è certo lui che dovrebbe ricorrere ai giudici: nella zona curda le autorità hanno ostacolato il voto, e si contano ben 2 morti tra i militanti di sinistra.
Ma se Erdogan si mostra nervoso significa che non sono andati a segno tutti i sistemi di controllo del voto orchestrati dal suo partito (l’islamista AKP).
Per la democrazia turca pare aprirsi una stagione di speranze, tale da evitare il classico (e contraddittorio) intervento militare che, fino ad ora, ha regolarmente posto termine ad ogni governo islamista, e difeso la costituzione laica.