di Mauro Caron
E’ un paragone un po’ azzardato e che lascia il tempo che trova: Trump non è il commissario Schiavone che non è Fabio Volo che non è Trump e così via.
Eppure un nonnulla che accomuni questi tre esempi ci sarà. La stanchezza di guardare personaggi edificanti, di sentire bei discorsi, di parlare pulito, di osservare le regole della buona educazione, su cui si è sempre costruito il fascino torbido ed eccitante degli antieroi.
Il guaio è che una volta quello contro cui ci si ribellava era il perbenismo, il conformismo, i divieti in campo sessuale, la morale borghese, il bigottismo, il mito del successo, del maschilismo, della società dei consumi.
Oggi quello contro cui si rivoltano gli elettori di Trump (e gli elettori di tanti altri populisti con aspirazioni egemoniche sparsi in giro per il mondo e nella culla-di-civiltà-Europa) sono anche (certo non solo: c’è molto da riflettere e da capire) il multiculturalismo, il rispetto dell’altro e del diverso (per razza, condizione economica, genere sessuale), la dignità e il ruolo sociale della donna, la cultura che contribuisce a formare il gusto e la competenza.
Ad occhio e croce, insieme all’acqua sporca della globalizzazione e della società liquida dominata dai valori economici, si sta buttando il bambino della modernità positiva, del progresso umano e culturale, della fratellanza e della solidarietà.
E se l’antieroe non è più un trasgressivo outsider, bensì un anziano miliardario amico degli industriali brutto, ignorante, arrogante e razzista (con ciuffo o con bandana, noi italiani ne sappiamo qualcosa), forse i tempi sono davvero cambiati. E forse la Clinton, con il suo radicamento nell’establishment che si vuole distruggere, non era l’eroina giusta per combattere un villain di questa (infima) caratura. Ma papa Francesco non sa l’inglese a sufficienza, Michelle non era al momento disponibile, Sanders non ce l’ha fatta per un soffio.
Da oggi si cerca un antiantieroe, sperando di arrivare sani e salvi alla prossima partita.