Condizionavano l’economia reggina: 7 fermi, anche ex deputato imprenditore. Indagato presidente Provincia
Inchiesta che coinvolte avvocati, commercialisti, imprenditori e politici locali. Mente e cuore del gruppo era Paolo Romeo, già condannato per concorso esterno in associazione mafiosa
di ALESSIA CANDITO
REGGIO CALABRIA – Per i più, erano noti avvocati, commercialisti, imprenditori. Ma per la Dda di Reggio Calabria sono la mente e l’anima criminale di una rete impastata di ‘ndrangheta e massoneria che ha condizionato l’economia reggina, costruendo una fitta rete di professionisti e amministratori che per anni hanno gestito in esclusiva affari e finanziamenti. E tra gli indagati c’è anche il presidente della provincia di Reggio Calabria
Per questo motivo, sette persone sono state fermate per ordine dei pm Giuseppe Lombardo, Stefano Musolino, Rosario Ferracane e Luca Miceli della Dda di Reggio Calabria con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni, tutti aggravati dalle modalità mafiose.
Fra loro ci sono l’ex deputato del Psdi Paolo Romeo, l’avvocato Antonio Marra, gli imprenditori Emilio Frascati, Giuseppe Chirico, Natale Saraceno,Domenico Marcianò e Antonio Idone.
Tutti quanti, grazie al ruolo rivestito all’interno della ‘ndrangheta reggina, avevano creato una rete di rete di professionisti, capace di indirizzare le sorti di rilevanti settori dell’economia di Reggio Calabria.
Mente e anima della rete per gli inquirenti sarebbe l’avvocato Paolo Romeo, ex deputato, già condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, ma nonostante questo ancora influente sulla scena politica cittadina.
È lui l’anima del Forum 2020. In questa veste è stato ricevuto anche dalla commissione consiliare che dovrà stabilire a quali opere destinare il tesoretto da 132 milioni contenuto nel “patto per la città metropolitana” firmato poco più di una settimana fa dal premier Renzi. Allo stesso scopo serviva l’associazione “Cittadinanza Attiva”, presieduta da quello che gli inquirenti considerano un suo storico sodale, Domenico Pietropaolo.
Ma l’inchiesta rischia di allargarsi anche oltre i sette soggetti colpiti da misura. Sul registro degli indagati, sebbene non colpiti da misura cautelare, figurano infatti anche diversi politici e dipendenti pubblici fra cui il presidente della provincia Giuseppe Raffa, il consigliere provinciale Demetrio Cara, il cancelliere capo della Corte d’Appello, Aldo Inuso, l’ex magistrato Giuseppe Tuccio, l’avvocato Rocco Zoccali, l’ex presidente della Reggina, Pino Benedetto ma anche Amedeo Canale, Andrea Scordo, Antonino Idone, Domenico Pietropaolo, Gaetano Tortorella, Saverio Genovese Zerbi. Michele Serra, Giuseppe Strangio, Domenico Arcò e Giovanni Pontari.
Le indagini, coordinate dalla Dda della locale Procura hanno portato a rilevare l’esistenza di un vero e proprio cartello criminale, presente ed operante nel territorio di Reggio Calabria, in grado di condizionare il regolare svolgimento delle attività economico/imprenditoriali, con particolare riferimento alla grande distribuzione alimentare, sfruttando anche la compiacenza di pubblici amministratori, al fine di ottenere, tra l’altro, l’illecita percezione di profitti. Per questo motivo sono state sequestrate 12 società, per un valore approssimativo di 34 milioni di euro.
La ragnatela massonica di Romeo. L’ex deputato Romeo, nonostante le interdizioni proprie della condanna definitiva per mafia che lo ha colpito, ha continuato a condizionare l’economia e la politica cittadina “attraverso la rete di solidarietà massonica, occultata dallo schermo di associazioni massoniche riconosciute, per il tramite di personaggi istituzionali (sia di carica elettiva, sia dirigenziale) pronti ad assicurare i suoi desiderata influenzando così – subdolamente – le attività degli enti locali”.
Nascosto sotto le insegne del “Circolo pescatori Poseidonia” Romeo per anni ha continuato a governare le dinamiche cittadine, esercitando la sua “influenza decisoria sulle determinazioni delle pubbliche amministrazioni, di altri poteri dello Stato e sulle locali dinamiche imprenditoriali, come su associazioni non riconosciute e gruppi di occasionale coesione politica”.
Forte del vincolo di loggia e di comune appartenenza massonica, come della straordinaria capacità di spostare enormi pacchetti di voti, Romeo, insieme al suo storico braccio destro, l’avvocato Antonio Marra, aveva campo libero in Provincia, grazie allo straordinario potere di condizionamento esercitato sul presidente Giuseppe Raffa e il consigliere Demetrio Cara.
Dalle indagini è infatti emerso che alcuni dei loro scritti sono frutto esclusivo delle elaborazioni di Romeo e di altri sodali, nonostante i politici le abbiano nel tempo presentate come proprie. Ma l’Ente, all’ex deputato condannato per mafia è servito anche per elargire favori ad amici e soci, come l’ex magistrato Giuseppe Tuccio, il cui libro è stato interamente finanziato dalla provincia, “a un costo clamorosamente più alto di quello stimato dallo stesso autore, con benefici per l’editore selezionato e spreco di risorse pubbliche”.
In Regione invece, Romeo poteva contare sulla rete di relazioni del suo antico sodale Giovanni Pontari, che – intercettato – ha confessato candidamente le sue interferenze all’interno dell’Ente, grazie alle quali ha agevolato soggetti notoriamente legati alla ‘ndrangheta.
Grazie all’avvocato
Marra invece, Romeo si è dimostrato in grado di interferire in alcuni dei più grandi affari gestiti negli ultimi anni sulla riva calabrese dello Stretto come la gestione del centro commerciale Perla dello Stretto, come dell’ex colosso della grande distribuzione Gdm.