Il 5 luglio 1950 viene trovato morto Salvatore Giuliano, il bandito, il secessionista siciliano, l’uomo accusato della strage di Portella delle Ginestre. Il suo astro di alfiere della ribellione siciliana comincia a declinare il primo maggio 1947 quando le organizzazioni sindacali e i partiti della sinistra hanno dato appuntamento ai propri militanti e ai lavoratori della provincia di Palermo in una piana di Portella della Ginestre per celebrare la Festa del Lavoro. È un periodo di grandi mobilitazioni con occupazioni di terre per chiedere la Riforma Agraria e la redistribuzione delle terre dei latifondisti dell’isola. Il comizio è appena iniziato quando dalle alture che circondano la piana si abbatte sugli intervenuti una pioggia di piombo. Al termine della sparatoria restano sul terreno undici morti e moltissimi partecipanti alla manifestazione vengono feriti. L’agguato è opera della banda di Salvatore Giuliano, ma in molti sospettano complicità con apparati dello stato e con i grandi latifondisti della zona. Nato a Montelepre, in provincia di Palermo, nel 1922, Giuliano muove i primi passi nel movimento indipendentista siciliano, finanziato da americani, inglesi e latifondisti, di cui diventa una sorta di braccio armato. Dal 1943 al 1950 la sua banda si rende protagonista di molte azioni terroristiche in varie zone del palermitano. Dopo la strage di Portella della Ginestra da più parti si chiede di far luce sulla reale consistenza delle sue attività, sui mandanti e sulle protezioni di cui sembra godere. Il suo corpo verrà trovato il 5 luglio 1950 nel cortile di una casa di Castelvetrano. La prima versione ufficiale parla di un conflitto a fuoco con i carabinieri, ma poi si saprà che è stato tradito e ucciso dai suoi stessi compagni. Gran parte delle vicende che lo riguardano restano, però, avvolte nel mistero anche per la scomparsa dei testimoni. Il suo luogotenente Gaspare Pisciotta prima di poter essere interrogato muore avvelenato nel carcere dell’Ucciardone e analoga sorte colpisce, uno dopo l’altro, quanti hanno avuto a che fare con le vicende della banda. Nel 1960 Franco Rosi realizzerà un film sulla vicenda destinato a divenire uno dei modelli di riferimento per il cinema d’inchiesta in Italia.