Salvini e Le Pen, a Roma, per decidere il futuro dell’Europa fascista

Ieri a Roma, in via delle Botteghe oscure, a pochi metri dalla storica sede del PCI, nei locali del sindacato della destra italiano, si sono incontrati Salvini e la Le Pen. “Rendezvous” pieno di prospettive per i due rappresentanti dell’estrema  destra europea, soprattutto per quanto riguarda l’obiettivo di rilanciare in sordina, ma neanche tanto, “Il Fronte della libertà” di indubbia ispirazione fascista e xenofoba, dando cosi’ il via, con diverso anticipo, alla campagna elettorale per le elezioni Europee, di maggio. Affermano i due leader politici: “«Condividiamo la stessa idea dell’Europa, del lavoro e della lotta all’immigrazione. E siamo contro i nemici dell’Europa che sono Juncker e Moscovici, chiusi nel bunker di Bruxelles». L’unione Europea appare così sempre più lontana e la prospettiva è quella di una maggiore distanza tra i tanti paesi che con fatica sono riusciti a unirla. Ad oggi a far parte della UE siamo in 28 nazioni, non poche se si pensa da dove siamo partiti. L’ondata dell’estrema destra sembra organizzarsi e allearsi sempre di più con totale amnesia verso la storia di quei regimi che con tanta fatica eravamo riusciti ad allontanare. Intanto Salvini non si risparmia di commentare, “a modo suo”,  l’incontro tra Saviano e Macron:” «L’incontro tra Saviano e Macron? Che tristezza, chi si somiglia si piglia. – butta lì, prima di chiosare, con garbo – Spero solo che non si siano fatti un selfie svestiti, come usa fare Macron di recente…». Pronta la riposta, da Parigi, del numero uno di En Marche, Castaner: «Salvini e Le Pen? Eletti al Parlamento europeo dal 2004 al 2017. Il loro bilancio per l’Europa? Zero».

Se ci sono immagini capaci di fissare plasticamente il segno dei tempi, l’incontro tra Matteo Salvini e Marine Le Pen nelle stanze della direzione nazionale dell’Ugl, il sindacato della destra italiana che dal 2014 si è trasferito in via delle Botteghe Oscure a pochi numeri civici di distanza da quella che fu la storica sede del Pci, è senza dubbio una di queste. Ma se a fare notizia sarebbe stato in passato soprattutto il profilo «sociale» dell’alleanza che vi si è celebrata, ora è il possibile appeal di governo di questa compagine a destare le maggiori inquietudini. E l’interesse degli osservatori europei.
Dal «laboratorio politico» gialloverde, forte del suo ruolo di vicepremier – ma anche dei sondaggi che indicano la Lega in grado di superare il 30% dei consensi -, Matteo Salvini si è infatti progressivamente ritagliato il ruolo di possibile traghettatore delle nuove destre continentali oltre la ridotta del posizionamento anti-sistema.
IL CONVEGNO organizzato dall’Unione Generale del Lavoro – salita da tempo sul carro della nuova Lega, il segretario generale del sindacato, Paolo Capone era già sul palco di Salvini nel «No Ius Soli» romano dello scorso dicembre ed è considerato uno dei sostenitori dello sbarco leghista nel centro-sud e nella stessa Capitale -, con l’ambizioso titolo di «Crescita economica e prospettive sociali in un’Europa delle Nazioni», rappresenta così poco più che un escamotage per lanciare il «Fronte della libertà» insieme a Marine Le Pen e dare di fatto inizio, con ampio anticipo, alla campagna elettorale per le europee di maggio. Anche se, precisa con modestia Salvini, lavoriamo «a un progetto per i prossimi 30 anni».
«CONDIVIDIAMO la stessa idea dell’Europa, del lavoro e della lotta all’immigrazione. E siamo contro i nemici dell’Europa che sono Juncker e Moscovici, chiusi nel bunker di Bruxelles», spiega il vicepremier italiano. La leader del Rassemblement national – il nome che il vecchio Front national si è dato per cercare di allargare i propri consensi – gli fa eco, sottolineando: «Puntiamo a sostituire l’alleanza tra Ppe e Pse a Bruxelles. Con Salvini non lottiamo contro l’Europa ma contro l’Ue per costruire un’Europa su nuovi valori: contro la mondializzazione». Precisazione non secondaria per chi non ha ancora abbandonato la possibilità di mollare l’Euro e che lascia aperta l’ipotesi di un’alleanza inedita con i popolari, sul modello di quanto già accade a Vienna con il Fpö austriaco, alleato di Lega e Rn nel Gruppo dell’Europa delle nazioni e delle libertà.
Ma se poco più di vent’anni fa era Jean-Marie Le Pen con il suo «Le français d’abord» (prima i francesi) a tracciare la rotta, ora si assiste ad un silenzioso passaggio di testimone: ora è Salvini il modello da imitare, al punto che le sue foto riempiono ogni meeting dell’ultradestra transalpina.
Il leader leghista gioca in casa e gigioneggia, come sempre con un fare tra il provocatorio e l’aggressivo. «L’incontro tra Saviano e Macron? Che tristezza, chi si somiglia si piglia. – butta lì, prima di chiosare, con garbo – Spero solo che non si siano fatti un selfie svestiti, come usa fare Macron di recente…». Pronta la riposta, da Parigi, del numero uno di En Marche, Castaner: «Salvini e Le Pen? Eletti al Parlamento europeo dal 2004 al 2017. Il loro bilancio per l’Europa? Zero».
ANCHE TRA SALVINI e Le Pen però, di là della sintonia esibita a Roma, sulla strada per la conquista dell’Europa, appare ancora qualche ostacolo. Se il primo non esclude «candidati comuni» e un possibile capolista unico, la seconda appare gelosa delle proprie prerogative nazionali. Non solo, riunire tutte le formazioni «sovraniste», come auspicato nell’incontro, significherebbe «pescare» in gruppi diversi a Bruxelles. Difficile però pensare che il premier ungherese Orbán, campione europeo della politica del filo spinato contro i migranti abbandoni il Ppe. Altrettanto complessa appare l’altra ipotesi emersa, quella di scegliere Jimmie Akesson come candidato unitario: i suoi Democratici svedesi erano già parte del gruppo Europa della Libertà e della Democrazia Diretta insieme agli eletti dei 5Stelle, partner di governo di Salvini. Questo, mentre il nome di Paolo Savona, lanciato dalla Lega, non sembra scaldare i cuori dei possibili alleati europei. Uniti sì, ma ciascuno padrone a casa propria.

Fonte:https://ilmanifesto.it/salvini-le-pen-a-roma-nasce-lasse-xenofobo-per-le-elezioni-europee/ Di Guido Caldiron