18 e 81: la giusta causa

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Difendere l’art. 18 dello statuto dei lavoratori e cambiare l’art. 81 della Costituzione cancellando la mannaia del pareggio di bilancio. Lo propone un ampio schieramento politico, da Fassina a Rodotà, Landini e Sel, in campo per la raccolta delle firme.

81, la carta della sinistra

di Massimo Franchi, 23.9.2014

Austerità. Presentata alla Camera la proposta di legge di iniziativa popolare per modificare la norma sul pareggio di bilancio in Costituzione. Tra i promotori Sel, la minoranza Pd con Fassina e Civati, la Fiom di Landini e vari giuristi. Rodotà: «Così rilanciamo i diritti distrutti dal neo liberismo»

I «diritti fon­da­men­tali delle per­sone» ven­gono prima della finanza. Un con­cetto sem­plice e al tempo stesso rivo­lu­zio­na­rio in quest’epoca neo­li­be­ri­sta in cui «l’economia comanda su tutto». Un con­cetto che uni­sce per la prima volta un fronte di sini­stra largo e plu­rale: da Fas­sina a Lan­dini, da tutta Sel a Civati, dal terzo set­tore all’associazionismo cat­to­lico, dall’Altra Europa di Tsi­pras a — chissà — per­fino una parte del M5s. «Uno schie­ra­mento poli­tico — per dirla con le parole di Ste­fano Rodotà — che abbia la capa­cità di farsi valere». E per farlo punta a cam­biare l’articolo 81 — e altri — della Costi­tu­zione e quel pareg­gio di bilan­cio che è «vul­nus poli­tico». Lo stru­mento scelto è quello della legge di ini­zia­tiva popo­lare, stru­mento finora spun­tato — «in 15 anni da par­la­men­tare non ne ho mai discusso uno», ricorda sem­pre Rodotà — che dovrebbe essere rilan­ciato for­te­mente dal nuovo rego­la­mento della Camera: il par­la­mento dovrà obbli­ga­to­ria­mente discu­terli in tempi certi.

Lunedì il testo che pre­vede di modi­fi­care anche gli arti­coli 97 — pub­blica ammi­ni­stra­zione — e 119 — auto­no­mie ter­ri­to­riali — inse­rendo in entrambi la dizione-condizione «nel rispetto dei diritti fon­da­men­tali delle per­sone» e di abro­gare la parte della legge Costi­tu­zio­nale 20 del 2012 che spe­ci­fica i cri­teri di attua­zione del pareg­gio di bilan­cio, è stato depo­si­tato lunedì in Corte di cas­sa­zione. Dal primo otto­bre ini­zierà la rac­colta delle firme. La nor­ma­tiva vigente pre­vede che ne ser­vano solo 50mila, l’obiettivo però è molto più ambi­zioso: «entrare nel dibat­tito pub­blico», come sin­te­tizza il giu­ri­sta Gae­tano Azza­riti che mate­rial­mente ha scritto il testo.

La rile­vanza poli­tica sta pro­prio nella pre­senza di molti espo­nenti della mino­ranza Pd. Al di là delle cri­ti­che comuni al Jobs act e all’ulteriore modi­fica dell’articolo 18, la loro pre­senza segnala un qua­dro poli­tico real­mente modi­fi­cato: «il cam­bia­mento lo vogliono tutti ma va agget­ti­vato, deve essere pro­gres­sivo e non regres­sivo, con più diritti e non meno». Sen­tire ad esem­pio Ste­fano Fas­sina dire che «abbiamo biso­gno di un radi­cale cam­bia­mento di para­digma, serve ripo­li­ti­ciz­zare l’economia, che non è una scienza neu­tra, astratta dalla poli­tica», che «ci sono ener­gie tra­sver­sali in Par­la­mento che vogliono cam­biare in que­sto senso la poli­tica», fa una certa impressione.

Se i depu­tati di Sel Giu­lio Mar­con e Gior­gio Airaudo rilan­ciano la loro idea di «un Social com­pact che sosti­tui­sca il Fiscal com­pact», i veri mat­ta­tori della con­fe­renza stampa di pre­sen­ta­zione sono Rodotà e Lan­dini. Il primo — che si auto­de­fi­ni­sce «maniaco dei diritti» — ricorda i «5 milioni e mezzo di firme rac­colti da Ser­gio Cof­fe­rati e la Cgil nel 2002 dopo la difesa dell’articolo 18» come esem­pio di «buona poli­tica» che oggi va decli­nata con­tro «la super Costi­tu­zione det­tata dall’economia» che uti­lizza «un attacco ai diritti che non è più nean­che dis­si­mu­lato». Per cam­biare «la cul­tura poli­tica del Paese» va dun­que detto con chia­rezza che «quelle poche risorse esi­stenti vanno uti­liz­zate per tute­lare i diritti», sennò si arriva ad «usarle per il ponte di Messina».

Lan­dini invece sot­to­li­nea come «l’iniziativa sia in con­ti­nuità con “La via mae­stra” (che riempì piazza del Popolo lo scorso otto­bre, ndr) e cioé con l’idea di cam­biare il paese attra­verso l’applicazione della Costi­tu­zione». Un argo­mento che si salda per­fet­ta­mente con la mani­fe­sta­zione già con­vo­cata dalla Fiom per il 18 otto­bre: «Offriamo quella piazza per par­lare dell’iniziativa per­ché se noi siamo tor­nati in Fiat lo dob­biamo alla Corte Costi­tu­zio­nale che ha san­cito un diritto e non alla poli­tica». Quella poli­tica che «oggi vuole rifor­mare il paese con la con­trap­po­si­zione, men­tre noi vogliamo unirlo, allar­gare l’alleanza per cam­biarlo davvero».

I pro­mo­tori ci ten­gono poi a sot­to­li­neare come l’iniziativa non sia «asso­lu­ta­mente in con­tra­sto» con i quat­tro refe­ren­dum abro­ga­tivi Stop auste­rità su cui si stanno ancora rac­co­gliendo le firme. Rodotà, Airaudo e gli altri pro­mo­tori ave­vano avver­tito della pre­sen­ta­zione chi «ha fatto una scelta diversa». La dif­fe­renza sta nel fatto che i primi non cre­dono che la Corte di cas­sa­zione darà il via libera ai refe­ren­dum e quindi hanno cer­cato «uno stru­mento diverso».

Se qual­che velata accusa «di non essersi troppo impe­gnati nella rac­colta delle firme» tra­spare dalla Cgil, pro­prio il segre­ta­rio con­fe­de­rale Danilo Barbi ci tiene a pre­ci­sare che «esi­ste una com­ple­men­ta­rità di senso fra le due ini­zia­tive». A giorni — entro il 30 set­tem­bre — si sco­prirà se le 500mila firme neces­sa­rie saranno rag­giunte — al momento pare assai dif­fi­cile — in ogni caso tutti assieme dal 1° otto­bre si rico­min­cerà a rac­co­glierle con lo stesso obiet­tivo: abbat­tere la cul­tura neo­li­be­ri­sta imperante.

fonte: il Manifesto
http://ilmanifesto.info/81-la-carta-della-sinistra/