Il 1° luglio 2005 inizia “10 anni suonati”, la tre giorni di musica, incontri e idee organizzata a Sorano, in provincia di Grosseto il 1°, 2 e 3 luglio per festeggiare i dieci anni dell’etichetta “il manifesto cd”. Non è Woodstock, ma gli assomiglia. Se quelli del più celebrato raduno della storia del rock erano stati tre giorni di pace, amore e musica in mezzo a un fango infernale e sotto un sole che spaccava le pietre qui c’è l’aria frizzante della campagna toscana, gli spazi aperti non ancora addomesticati e un gruppone di artisti disposti a dare il meglio di sé quando sono ben sollecitati dal pubblico. Ai piedi del Monte Amiata si festeggia, dunque, il decennale di vita di una delle più interessanti esperienze della non breve storia della discografia italiana. Al di là delle ricostruzioni ufficiali, “il manifesto cd” nasce come una costola casuale del quotidiano omonimo nel 1995. Il primo disco non sa di essere il cent di Zio Paperone, cioè, per chi non ha dimestichezza con Paperopoli, il primo tassello di una lunga serie. Nasce dalla voglia di alcuni gruppi musicali di dare nuove note alle canzoni della resistenza e della tradizione antifascista di questo paese. Sono gli anni del primo governo Berlusconi con gli eredi dei fascisti nella stanza dei bottoni, dei primi attacchi revisionisti alla Resistenza e l’idea di quel pugno di artisti trova sponde interessate in comitati, associazioni e in vari enti locali che appoggiano anche con qualche soldino l’iniziativa. “il manifesto” si presta, dunque, a far da sponda all’iniziativa accollandosi la produzione e la distribuzione del cd. La risposta del pubblico, con l’esaurimento rapido delle trentacinquemila copie stampate, indica una strada possibile: quella di rendere permanente nel tempo il canale di produzione e distribuzione nato per l’occasione. Inizia così la storia di un’etichetta discografica che, per molti versi, ha segnato la musica italiana. In dieci anni sono circa centocinquanta gli album prodotti, alcuni dei quali destinati a lasciare un segno nelle enciclopedie e nella storia musicale di questo paese, altri più legati a mode e suggestioni momentanee. Tutti, però, hanno un filo comune ed è quello della qualità, dell’originalità e, soprattutto, della varietà dei generi. Non è una collana tematica quella de “il manifesto cd”, ma spazia dal jazz al blues, dall’hip hop al reggae, dalla canzone politica a quella d’autore, dal rock alla tradizione popolare, alla musica africana, a quella balcanica, alla medio-orientale, senza rinunciare alle suggestioni dell’elettronica. Un anno dopo l’altro gli amici, compagni e fratelli partigiani dell’etichetta sono arrivati a dieci e, come si conviene, festeggiano. Lo fanno senza uscire dal tema. Chiamano a raccolta un po’ d’artisti che hanno partecipato a costruire la loro storia e affidano loro la colonna sonora dei tre giorni. In più, siccome non se la tirano e non vogliono dimenticare le loro radici piazzano anche tre incontri parlati nelle ore in cui la musica tace. Il primo è sulla storia dell’etichetta, il secondo sull’ambiente e le politiche territoriali con un occhio particolare al territorio che li ospita e il terzo sulla pace e la guerra. L’idea del confronto di idee e di esperienze a partire dal luogo in cui ci si trova sembra ispirare anche il programma musicale che, in apertura di ogni giornata prevede l’esibizione di un gruppo locale. Venerdì 1° luglio iniziano i Maggiolini, ovvero i cantori del maggio maremmano, gente che affonda le radici non solo artistiche nel territorio, nella cultura e nella tradizione. Il giorno dopo l’onere di rompere il ghiaccio tocca agli Statnes, una band che l’anno prima ha spopolato ad Arezzo Wave e che arriva da uno dei paesi etruschi del circondario. Domenica 3 luglio è il rock di casa dei Me(h)wo ad aprire le danze della serata conclusiva. Il resto, come dicevano negli anni Sessanta i presentatori dei raduni della Stax o della Motown, è nelle mani, negli strumenti e nelle voci degli artisti dell’etichetta. Venerdì dopo l’apertura dei Maggiolini sale sul palco Piero Brega, la voce storica del Canzoniere del Lazio, tornato a incidere (non si dice più così, vista la scomparsa del vinile, ma rende bene l’idea) un disco vero dopo venticinque anni di assenza. Le sue mescole di tradizione, blues e folk cedono poi il passo alle martellanti commistioni di ska, reggae, soul e funky dei Fratelli di Soledad, un altro gruppo che solo da poco è tornato in sala di registrazione dopo un’assenza durata nove anni. È quindi il turno di Roy Paci e dei suoi Aretuska, un trombettista d’altri tempi, figlio naturale di un fugace amplesso tra una banda di paese siciliana e un gruppo jazz di Chicago, che si muove tra i generi con il passo felpato e l’ironia di un ladro gentiluomo. Il gran finale della prima giornata tocca al meticciato musicale in salsa napoletana di Daniele Sepe. Sabato 2 luglio dopo l’antipasto degli Statnes la serata si apre alle vibrazioni dub di The Roof, l’ensemble romano che ha attirato l’attenzione di un vecchio e smagato volpone come Adrian Sherwood. Neanche il tempo di riprendere fiato ed è il turno degli Ardecore, la band nata dall’incontro tra il cantautore Giampaolo Felici, gli Zu, e Geoff Farina, l’instabile leader dei Karate. L’esplosiva fusione di musica e politica del Gruppo Operaio E Zezi prepara infine il pubblico all’hip hop aggressivo e bastardo degli Assalti Frontali che chiudono la serata. Domenica 3 luglio, l’ultimo giorno della kermesse, dopo l’apertura dei Me(h)wo, sale sul palco l’Africa fascinosa di Baba Sissoko, seguita dalle mescole misteriose e mediterranee dei Radiodervish. Le storie e la poesia dei Têtes de Bois precedono il gran finale, affidato alla pirotecnica e tarantolata ritmica dei Sud Sound System. Basta scorrere l’elenco degli artisti, tutta gente che nel “il manifesto cd” ha trovato un rifugio ospitale, per capire che l’etichetta ha davvero più di una ragione per festeggiare i suoi primi dieci anni.